L’ex bassista dei Pink Floyd Roger Waters ha preso parte alla campagna organizzata da Artists For Palestine UK che, con una lettera aperta, ha chiesto ai Chemical Brothers di annullare il loro imminente concerto al Convention Centre di Tel Aviv, previsto per il 12 novembre.
«La vostra casa discografica, la EMI Virgin, può anche dirvi che suonare il 12 novembre a Tel Aviv sia una cosa figa da fare – recita la lettera diretta al duo elettronico – Ma l’atmosfera hipster di Tel Aviv è soltanto una bolla sulla superficie di uno stato di sicurezza molto profondo che ha cacciato fuori metà della popolazione indigena palestinese nel 1948 e non ha alcuna intenzione di concedere ai loro discendenti di tornare».
Ma la pressione attorno al concerto in Israele dei Chemical Brothers non finisce qui: infatti, oltre alla lettera aperta indetta da Artists For Palestine, è nata anche una petizione online che ha già raccolto circa 7000 firme per far cambiare idea a Tom Rowlands e Ed Simons.
«Quando artisti internazionali come i Chemical Brothers suonano in luoghi culturali e istituzioni israeliane contribuiscono a creare la falsa impressione che Israele sia un paese “normale” come tutti gli altri – afferma la petizione – Gli artisti, sia sul palco che sui media, fanno commenti buonisti sulla “pace” e sulla “convivenza”, pur suggerendo che occupato e occupante “dovrebbero vivere fianco a fianco”. Questo non cambia il fatto che gli artisti che si esibiscono in Israele in realtà contribuiscono a coprire l’occupazione e l’apartheid.
Curioso che, nonostante i biglietti per il concerto di Tel Aviv siano regolarmente in vendita, i Chemical Brothers abbiano escluso l’evento dalla lista degli imminenti live presenti sul loro sito ufficiale.
Roger Waters, già da tempo fortemente schierato in favore della causa palestinese, lo scorso mese aveva simbolicamente riunito i Pink Floyd in supporto di un gruppo attivista filo-palestinese, le donne del Gaza Freedom Flottilla.