Conoscete i Mas di Roma? Dovreste. Sono un negozio unico nel suo genere: migliaia di metri quadrati all’incrocio tra via dello Statuto e piazza Vittorio, la piazza più grande della città. Sono nati come grande magazzino di lusso, poi hanno seguito la storia del loro quartiere, l’Esquilino, pieno melting pot in versione romana, a lato della stazione Termini. Sono diventati i “magazzini del popolo”, regno della serendipity e dell’abbigliamento a basso costo.
A dicembre dell’anno scorso han rischiato di chiudere, e invece sono ancora aperti, in equilibrio precario. Un posto unico e surreale, che Rä di Martino, artista e videomaker, ha voluto raccontare con The Show MAS Go On, 36 minuti di documentario che hanno vinto il premio SIAE all’ultimo Festival del Cinema di Venezia e prodotti da Think Cattleya, la casa di produzione pubblicitaria di Cattleya. Abbiamo intervistato Rä di Martino, che questa sera presenterà il documentario in anteprima a Milano.
Il 4 dicembre presenterete “The Show MAS Go On” a Bolzano. Come spiegheresti cosa sono i Mas a uno che vive a Bolzano?
I Mas è uno di quei luoghi di una città che poi finiscono per caratterizzarla. È una situazione che esiste solo a Roma. La gente si dà appuntamento ai Mas, davanti o dentro, come se fosse un luogo pubblico. E ha una popolazione stranissima: ci trovi dalle suore ai travestiti o ai costumisti del cinema.
Ci vanno ancora?
Assolutamente sì. I Mas hanno vestito tutte le comparse del cinema italiano. Sono comodi: ci si trova un po’ di tutto, compresi i vestiti degli anni ’70 o ’80, e in grande quantità. I costumisti di Le meraviglie, il film di Alice Rohrwacher che ha vinto il Gran premio della giuria a Cannes, hanno preso tutto ai Mas: i protagonisti erano di una famiglia medio bassa degli anni ’90, ai Mas c’era tutto il necessario per vestirli.
Perché non si può dire che i Mas sono un outlet?
Per struttura che c’è dietro: la famiglia di napoletani che negli anni ’70, dopo 15 anni di Mas chiusi, li hanno ripreso in mano. Avevano un metodo tutto loro: andavano nei depositi, compravano la merce che trovavano, la conservavano nei loro magazzini e la tiravano fuori ogni tanto, a caso, per rimetterla in vendita.
Totalmente a caso?
Sì, con un metodo del tutto casuale che poi negli anni si è strutturato, diventando la caratteristica dei Mas. Per dire, ogni tanto tiran fuori una partita di mutande della Seconda guerra mondiale che aveano trovato in un deposito nel 1975.
Cos’è il lavoro che hai fatto: un film, un documentario, un cortometraggio allungato?
In effetti questa è stata una parte divertente: decidere come chiamare quello che avevo fatto. Vediamo. La base è documentaristica, ma io poi ho aggiunto anche molte parti di finzione, con attori. C’è una citazione/remake di un episodio di Ai confini della Realtà, che ho fatto come se fosse una scena recitata. Non è né cortometraggio né lungometraggio, perché non dovevo rispettare vincoli di durata e ho deciso di dare al film il tempo di cui c’era bisogno. Insomma, direi che è un documentario sperimentale. Forse è la definizione che più gli si avvicina.
Perché non hai fatto un documentario classico?
Ho osservato per ore e ore e mi son accorta che un documentario non bastava. Volevo descrivere davvero quel luogo, restituire il clima surreale dei Mas. Non sono come Eataly o un H&M. Sono un posto italiano ma con una commistione di nazionalità altissima. Penso a Nabil, uno dei dipendenti, che scrive i cartelli con uno stile che ha qualcosa di arabeggiante, con tanto di traduzione in arabo sotto, in piccolo. Volevo condividere la ricchezza di un posto che è importante, anche per me che non vivo più a Roma da 15 anni.
The Show MAS Go On
di Rä di Martino, Marcella Libonati.
Con Sandra Ceccarelli, Iaia Forte, Maya Sansa, Filippo Timi
Prossime proiezioni:
4 dicembre – Museion (Bolzano)
12 dicembre – De Brakke Grond, Amsterdam (Olanda)
21/28 marzo – Milano (Sguardi Altrove Film Festival)
22/26 aprile – Monaco (Kino der Kunst Festival)