«Niente bis», dice Brian Fallon all’inizio del concerto, «ché è stupido scendere dal palco, farsi chiamare e poi risalire per altre due canzoni di fretta». E allora i Gaslight Anthem vanno via dritti per un’ora e mezza sul palco piccolo dell’Alcatraz, neanche troppo pieno: partono tranquilli con Stay Vicious e subito dopo sparano una delle loro cartucce migliori, The ’59 Sound.
Alternano pezzi dell’ultimo album, Get Hurt, a vecchie hit come Old White Lincoln e Stay Lucky. Sinceramente, convincono di più quando spingono sull’acceleratore rispetto ai rockettoni cadenzati anche perché spesso, nonostante le tre-chitarre-tre, mancano di potenza e impatto. Tra i momenti migliori del live, il tributo ai Black Sabbath con War Pigs e una versione intimista di una delle loro canzoni più belle, Great Expectations.
Grandi aspettative sono quelle che i Gaslight Anthem hanno alimentato con i loro primi dischi e che, soprattutto dal vivo, non riescono a soddisfare appieno. Comunque sia, i fan dimostrano il proprio amore verso il gruppo sgolandosi con entrambe le mani rivolte al cielo e gli smartphone in tasca: sono pochissimi i telefonini accesi e, a un certo punto, gli accendini hanno addirittura la meglio.