Gaeta, Terracina, Fondi, Arce, Latina, Priverno, Caserta e Valmontone. Sette città con una con una cosa in comune: Memorie Urbane, il più grande festival di street art mai realizzato in Italia che si divide tra tutti questi centri, perché una Città sola non avrebbe abbastanza muri per ospitare gli oltre 40 artisti venuti da tutto il mondo. Questi writer andranno avanti fino a giugno a lavorare, per mostrarci le loro opere.
Ma non è tutto! Il festival è un’occasione per poter ammirare le tappe fondamentali degli ultimi 40 anni di Urban Art. Tutto questo grazie all’occhio di Martha Cooper, la più grande fotografa a livello internazionale del mondo legato ai graffiti, cui è stata dedicata una bellissima retrospettiva negli spazi della Pinacoteca d’Arte Contemporanea di Gaeta, fino al 17 maggio.
L’abbiamo incontrata per voi, e abbiamo capito subito di che pasta è fatta una donna che ha visto nascere e crescere l’arte underground per antonomasia. E forse non faticherete a intuire chi è l’artista che vorrebbe fotografare, ma che non è mai riuscita a beccare…
Partiamo dall’inizio: quando e perché hai cominciato ad “armeggiare” la macchina fotografica?
Mio padre aveva un negozio di fotografia. Mi ha messo in mano la prima macchina fotografica all’asilo. Ho fotografato i miei giocattoli e il mio cane. Da quel momento, non ho più smesso.
Dai giocattoli alla street art. Il passo è stato breve?
Beh, poi ho continuato fotografando gli altri bambini che giocavano… Mi è sempre interessato fotografare le persone durante le loro espressioni di creatività. Questo interesse mi ha portato al mondo dei graffiti e dunque alla street art. Amo questo mondo e ancora di più amo incontrare gli artisti.
Ovviamente non è il tuo unico soggetto la street art.
Esatto. Il mio interesse nella fotografia è più ampio. Ho fotografo ogni genere di cose. Ora ad esempio sto lavorando a un progetto di documentazione di un quartiere della mia Città natale, Baltimora.
Ma è nel mondo della street art in particolare che sei riconosciuta come la più grande fotografa.
Intanto grazie per il complimento! Però devo dirti che non riesco a vedermi come artista… Penso più a me stessa come giornalista o reporter. O meglio come documentarista.
Ok, non ti chiameremo artista… Comunque una cosa è certa: un successo non scontato, soprattutto per una donna in un mondo che è ancora molto maschile… O mi sbaglio?
Come donna, forse effettivamente sono stata la prima, ma certamente non sono l’unica. Conosco un paio di fotografe di street art eccezionali. E anche tra gli artisti stessi le donne sono più numerose che mai e stanno crescendo.
Le tue fotografie sono una finestra sui contesti urbani. Come si fa a rappresentare in un luogo chiuso, come un museo o una galleria, l’arte “a cielo aperto per eccellenza”?
Devo dire che il modo che preferisco per mostrare le mie fotografie sono i libri, perché durano per sempre e non in un periodo limitato nel tempo. Certo anche le mostre non sono male… Più che altro sono un pretesto per viaggiare e fare altre fotografie!
E di questo viaggetto a Gaeta che ci dici?
Nella vita ho avuto la fortuna di essere invitata a molti festival di street art. L’anno scorso ero a Mosca per ‘Artmosphere’ e ho incontrato Davide Rosillo, che mi ha chiesto di fare questa mostra a Gaeta. Ho deciso di dividere la mostra cronologicamente, in tre periodi a partire dagli anni ’70, quando ho iniziato a fotografare graffiti. In realtà l’organizzazione degli spazi e la selezione è di Davide, e io ne sono entusiasta.
Immancabile domanda sulla musica: è ancora valida l’associazione tra rap e street art?
Il link tra il mondo dei writer e quello del rap non è mai stato del tutto chiaro e definito, anche se certamente in un certo momento si sono sovrapposti. C’è qualcosa in mostra che parla del rapporto tra street art e musica? Sì. Per citarne una c’è la foto di un muro realizzato da Keith Haring nel 1984 a Avenue D, chiamata anche Avenue DJ, che raffigura un robot-DJ che fa girare dischi su tre piatti.
E oltre a robot-DJ ti capita mai di fotografare musicisti in carne e ossa in azione?
Preferisco scattare soggetti legati alle arti visive. A una fotografia di un musicista mentre suona, manca la musica. Non ha senso…
Ok, allora torniamo ai writer: da clandestini per eccellenza a artisti “cool” e sempre più inseguiti, persino nel mercato dell’arte… L’affermarsi dell’urban art finirà per cambiarla?
Cambiarla? Non ha mai smesso di cambiare! Gli strumenti, le tecniche e i contenuti della street art sono in continuo mutamento. Questo è ciò che la rende interessante: non è mai uguale a se stessa. E io sono sempre curiosa, sempre alla ricerca per capire cosa verrà dopo.
C’è una foto che non sei ancora riuscita a fare e che stai inseguendo?
Beh… Uno di questi giorni non mi dispiacerebbe poter incontrare Banksy. Chissà…