È in fibrillazione. Agitato, chiacchierone. Un po’ è così di suo (“Sono triste dentro ma allegro fuori, come Pulcinella. O come un Tronky”). Un po’, sa di essere in rampa di lancio. Il disco d’oro con Mea culpa, trainato dal singolo ‘O vient, e i consensi ottenuti anche fuori dall’ambito strettamente hip-hop, fanno del suo quarto album Miracolo! un potenziale grosso successo. A Napoli, una star lo è già. Ora sta al resto d’Italia fare i conti con un rapper che cerca di uscire dai cliché del genere, cercando di coniugare intrattenimento e sostanza con una leggerezza (controcliché) “solare”, in un viaggio che collega Pino Daniele e Alessandro Siani passando dalla vecchia Kalimba de luna di Toni Esposito. E aggiungendo solo a parte, come bonus, l’hip-hop più ortodosso.
Il primo singolo estratto da “Miracoli!”, il nuovo album di Clementino:
Il disco è una specie di All Star Game. C’è quasi tutto l’hip-hop che conta, ma anche tanti simboli di Napoli. D’altra parte, sono ventotto pezzi.
Beh, in realtà no, il disco è in due versioni: c’è un cd con 14 pezzi più mainstream, che potrebbero ascoltare mio padre o mio zio: i pezzi radiofonici e le collaborazioni non rap, a partire da quella con Pino Daniele. E poi la versione con due cd, più street album, con tutti i rapper più importanti – tranne Caparezza, toh. Ci sono Fibra, Ensi, Marra, Salmo, Noyz Narcos, Gué Pequeno, ora manco riesco a ricordarli tutti… Gemitaiz e Madman, il fratellino Rocco Hunt, più dei ragazzi di Napoli cui sto cercando di dare visibilità.
Perché la separazione?
Il secondo disco nasce come party, come jam. Anche se poi ci sono un pezzo, Dal centro all’hinterland, con Marracash, che potrebbe stare in Gomorra o in un film su Vallanzasca, oppure un pezzo su Giordano Bruno, che era di Nola come me.
In effetti sono due cd diversissimi. Il secondo, al di là degli ospiti, contiene classici pezzi hip-hop. Il primo è più easy, anche nella musica: c’è molta Giamaica.
Negli ultimi due anni le cose che ho sentito di più sono state Damian Marley, Buju Banton e Manu Chao. E forse è lui che mi ha messo una voglia di provare a mettere il napoletano sul reggae. Mi sembrava una cosa nuova, anche se c’è una somiglianza coi vecchi 99 Posse, che ho sempre ascoltato.
Posso dirlo? Alessandro Siani mi fa strano. Tra l’altro ne enfatizzi la presenza anche sul booklet.
Sono un suo fan. Per me è un freestyler, che inventa le battute al volo, se lo prendi fuori da un bar ti può fare uno spettacolo in un attimo. Mi piaceva il suo tormentone Cos, cos, co” dal film Il principe abusivo, allora abbiamo concepito questo pezzo che può parlare di Napoli ma anche di Milano Expo – sai, tipo “Ma questa metropolitana che siete lì da vent’anni, la state costruendo o la state cercando?”
Come mai Luna come singolo? Lo chiedo perché è apertamente più disimpegnata di ‘O vient.
È una canzone d’amore, ce ne sono quattro nel disco, forse perché mi sono lasciato con la mia ex… Per me è anche un modo di ricollegarmi al “Neapolitan Power”, sai, gli anni di Toni Esposito, Napoli Centrale, Tullio De Piscopo, James Senese, che è nel disco anche lui. Dopo l’era dei neomelodici mi piace l’idea di far riscoprire alla mia gente quell’epoca. Niente contro i neomelodici, eh: io rispetto tutti i generi. Ma certo nel loro non mi rispecchio. Nino D’Angelo è una cosa diversa, ci conosciamo, mi piacerebbe lavorarci. Lui ha rappresentato Napoli come personaggio, ma anche musicalmente non dimentichiamo che Miles Davis era rimasto molto colpito dal suo cd. Che stavo dicendo?
Parlavamo di singoli.
Ah, sì. Inizialmente pensavo che il singolo sarebbe stato Da che parte stai, il pezzo con Pino Daniele, che parla di guerra: l’ho scritto in Birmania, tra le palafitte, grazie a Pechino Express. L’ho fatto ascoltare a Pino che qualche giorno dopo è arrivato addirittura con la sceneggiatura per il video. Ma non lo abbiamo voluto pubblicare come primo singolo perché avevo già fatto un omaggio su YouTube, poi il tatuaggio, e insomma a un certo punto poteva sembrare che stessi speculando.
Luna è certamente molto mainstream.
Guarda, Quando Tupac venne in Italia disse: “In Usa facciamo a gara per arrivare in top 10, qui dite che chi va in classifica non è più rap”. ‘O vient è un pezzo che parla di immigrazione con ritornello in dialetto, eppure è andato nelle radio. Luna è una canzone d’amore. Sai, io facevo tutti i centri sociali d’Italia, dicevo no al mainstream. Ma non siamo cambiati noi, è cambiato il pubblico, e pure i ragionamenti. Io mi sono scocciato di farmi vedere solo nei centri sociali solo da chi fa freestyle, io voglio che mi senta anche mio zio per radio. Il vero miracolo è entrare nella mente delle persone con la musica, senza barriere tra mainstream e underground: ‘O vient è un pezzo non mainstream che è piaciuto, Luna è un pezzo mainstream e spero che piaccia. Sono sempre io. Ha senso quello che ho detto?
Fa più morti l’alcool.
E se fumano tutti, credimi, non litiga più nessuno.
Credo di sì.
Oh, meno male. Poi, sai, rimango sempre Parental Advisory e ho un pezzo, Fumo, sulla legalizzazione della cannabis.
Sì, denota un consumo entusiasta… Tu sai che parli ai teenager, vero?
Io credo che una delle discipline dell’hip-hop sia stata la cultura della marijuana. Che è usata anche come medicinale… Oh, marònn, dico sempre le stesse cose. Però scusa, i ragazzini… Io mi chiedo: un 13enne che sta ad Amsterdam, non li vede quelli che si fanno le canne? In Giamaica fumano, a Miami pure, adesso dov’è in America che è legale?
In Colorado.
Fa più morti l’alcool, anche come incidenti stradali. E se fumano tutti, credimi,
non litiga più nessuno.
Ultima domanda. Credo ci sia molta voglia di usarti come volto di Napoli moderna. Ti hanno fatto molte domande su Gomorra?
Guarda, i simboli di Napoli sono altri, da Pino a Troisi a Totò. Se poi mi fanno domande su Gomorra rispondo tranquillamente: per me Gomorra è solo un film. Se poi tutti credono che vieni a Napoli e ti sparano, allora a Napoli ci sta anche Un posto al sole. E Napoli non è neanche così, capisci? Che poi io in Un posto al sole ho fatto un cameo! E anche a Gomorra la serie, parteciperei volentieri. Gli effetti di Gomorra sulla gente di Ciro, The Jackal, è fantastico… Io ho anche provato a sfidarmi in freestyle da solo, facevo Genny Savastano contro Salvatore Conte – “Ti spar’ ‘mocc’!” Comunque grazie a Gomorra tanti ora sanno il napoletano. Pure a Bergamo mi dicono “Sta’ senza pensier'”. Che paradossalmente è una cosa che avvicina a Napoli.