Shlohmo - Dark Red | Rolling Stone Italia
Recensioni

Shlohmo – Dark Red

Ha soltanto 25 anni Henry Laufer, alias Shlohmo, e già deve fare i conti col senso della perdita. Almeno a giudicare da come parla del suo nuovo disco, tanto che ci aspetteremmo un lavoro più angoscioso di quanto si riveli poi Dark Red. Uno dei vantaggi della giovinezza però è proprio quello di invocare depressione […]

Ha soltanto 25 anni Henry Laufer, alias Shlohmo, e già deve fare i conti col senso della perdita. Almeno a giudicare da come parla del suo nuovo disco, tanto che ci aspetteremmo un lavoro più angoscioso di quanto si riveli poi Dark Red.Uno dei vantaggi della giovinezza però è proprio quello di invocare depressione e dolore, chiamare a raccolta i propri demoni più atroci, e produrre comunque qualcosa di straordinariamente vitale. Persino (ora Shlohmo si incazza…) di speranzoso. Eppure sono queste le sensazioni nell’ascoltare Dark Red.Se devo tirare fuori delle immagini sensoriali, più che un bosco minaccioso, mi viene in mente il momento in cui si apre una radura in mezzo a un cerchio di abeti. Come nell’ossessiva Relentless, dove la reiterazione sa calibrare perfettamente intensità e vuoti – che poi è la cosa più affascinante dell’album: non diventa mai troppo etereo, né troppo enfatico.

Ha soltanto 25 anni Henry Laufer, alias Shlohmo, e già deve fare i conti col senso della perdita. Almeno a giudicare da come parla del suo nuovo disco, tanto che ci aspetteremmo un lavoro più angoscioso di quanto si riveli poi Dark Red.

Uno dei vantaggi della giovinezza però è proprio quello di invocare depressione e dolore, chiamare a raccolta i propri demoni più atroci, e produrre comunque qualcosa di straordinariamente vitale. Persino (ora Shlohmo si incazza…) di speranzoso. Eppure sono queste le sensazioni nell’ascoltare Dark Red.

Se devo tirare fuori delle immagini sensoriali, più che un bosco minaccioso, mi viene in mente il momento in cui si apre una radura in mezzo a un cerchio di abeti. Come nell’ossessiva Relentless,
dove la reiterazione sa calibrare perfettamente intensità e vuoti – che poi è la cosa più affascinante dell’album: non diventa mai troppo etereo, né troppo enfatico.

Altre notizie su:  Shlohmo