Pensavate che la vera novità di ottobre fosse che rifanno (mediocremente) Heroes in tv? E invece no.
Pensavate che la vostra giovinezza venisse riportata in auge dalla nuova serie di Twin Peaks? Fuochino, ma non è abbastanza. Forse guardate troppe serie tv.
La grande novità del mese – ma anche dell’anno, ché questo 2015 è stato veramente mesto – è che, dopo averci lasciati soli e orfanelli per più di un decennio, gli Scisma, band culto della scena indipendente italiana, sono tornati per regalarci un nuovo Ep di 6 brani inediti. Mr Newman è uscito il 9 Ottobre 2015 per la Woodworm Label.
Ehi, ma non è mica finita qui: in occasione dell’uscita di Mr Newman verranno anche ristampati, in vinile, il doppio LP di Armstrong e Rosemary Plaxiglass. Buttare quel giradischi ancora funzionante è stato un grosso, grosso errore. Gli Scisma sono Sara Mazo (voce), Giorgia Poli ( basso), Michela Manfroi (pianoforte, sintetizzatore), Paolo Benvegnù (voce, cori, chitarra elettrica), Giovanni Ferrario (chitarre acustica ed elettrica, basso), Beppe Mondini (batteria, percussioni). Abbiamo intervistato per voi Paolo Benvegnù, per una chiacchierata poetica e surreale.
Come stai dopo questa reunion?
È una cosa strana, mi sento vivo. Ormai sono vecchio ed è tutto più facile.
Perché gli Scisma si sono sciolti ? Sinceramente mi sono persa il motivo.
Ce lo siamo persi anche noi. Il motivo aveva relativamente a che fare con ciò che eravamo o cosa volevamo. All’epoca avevamo obiettivi rivolti verso l’esterno, mentre il fatto di ritrovarsi adesso è stato un rivolgersi verso l’interno. È ‘un funambulismo al contrario, un funambulismo sulla terra ferma. Se ci siamo ritrovati è merito di un sorriso e di una piccola intuizione, niente di trascendentale.
In realtà, ai tempi, ognuno di noi voleva esplorare il mondo, da piccolo esploratore, per cercare la propria identità. Niente di drammatico, non c’è stato un litigio vero e proprio.
Chi ha fatto la prima telefonata di riavvicinamento?
Sono stati loro. Sono venuti a vedere “i Paolo Benvegnù”, la mia band, a Brescia. È stato divertente perché dopo tanto tempo ci siamo rivisti ed è stato semplice. Ci siamo sorrisi e ci siamo detti: “Vabbè, ma basta. Dai, ma se io scrivo dei pezzi che facciamo?” “E se li scrivo io? Dai, mettiamoci a confronto!”. E’ stato molto naturale.
Credimi, è tutto legato al piacere di ritrovare una parte di noi stessi. Avevamo condiviso talmente tanto, tanta strada insieme, che è stato naturale ritrovarsi. Quindi, riassumendo, sono stati loro e io ho detto “Va bene, proviamoci! Così chiudiamo una fase che avevamo aperto tanti anni fa…”.
Qual è il concept dietro a questo Ep?
Parlando dei testi, sono tutti brani nati per il nostro “divertissement”. Vogliamo parlare, con leggerezza, dell’Uomo Nuovo (ride, NdR), questo “Mr Newman”, che è maschile, singolare.
Mi spieghi il testo di “Mr Newman”? Non credo di averlo capito.
È tutto criptato, come ai vecchi tempi. Il senso specifico del brano è: “Vogliamo ancora controllare delle cose? Vogliamo fare i conti con il fatto che abbiamo già distrutto troppo? Non vogliamo viverci un po’ meglio?”.
Se è vero che l’uomo del Novecento era complicato, questo del nuovo secolo invece non mi sembra per niente complesso.
Non c’è più una ricerca, ma l’unica cosa che si cerca è l’eredità, i soldi, non per niente c’è anche una trasmissione televisiva che si chiama così. Mentre per me è più interessante guardare le piccole cose.
A volte mi sembra quasi di essere diventato un conservatore. Ma non è vero, è semplicemente che “le cose nuove ” non sono, in realtà, affatto nuove.
Ci racconti un momento buffo della registrazione del disco?
Nel brano “Stelle, stelle, stelle” volevamo trovare un inizio particolare, che fosse un po’ diverso. Marco, il nostro fonico, ha detto a Sara che quelli dell’Expo volevano farci suonare all’interno di una perfomance in cui c’erano cento signori anziani che ballavano l’hully gally, insieme a cento robottini da compagnia. Quindi io me sono uscito con una sciocca dichiarazione per cui l’hully gully è stato inventato da un nazista perché tutti ballando fanno gli stessi movimenti. Il ballo figurato alle volte è un po’ così, monolitico, non lascia spazio a interpretazioni personali. Quindi abbiamo registrato una mia telefonata a Sara in cui le parlavo di questo ballo, in modo che ci fosse un dialogo spontaneo tra me e lei. Perciò l’inizio della canzone è in realtà proprio questa conversazione, con tutti i commenti e le risate di Sara. Naturalmente senza che l’avessimo avvertita prima. Ci siamo divertiti molto.
Di chi sono i figli adolescenti che ascoltano solo “Musica elementare”? Non mi ricordavo che ne aveste…
No, nessuno degli Scisma ha dei figli adolescenti. La canzone parla del fatto che vedo gli uomini della mia età come degli adolescenti, dei rampolli, anzi, sono peggio dei ragazzini. Gli adolescenti non sanno che cos’è la vita e questo va bene, ma i quarantenni, o i cinquantenni, dovrebbero avere uno sguardo più acuto, ma cosi non è.
Per esempio i dj delle radio generaliste, quelli delle radio commerciali…più adolescenti di loro non c’è nessuno. Fanno sembrare me un uomo intelligente, cosa che non è.
L’ultima volta che ti ho intervistato avevamo parlato di gatti.
Ora ne ho uno che scende dal terrazzo ed entra in casa mia. Dormiamo insieme. E’ molto bello, erano anni che i gatti non mi trovavano più interessante, invece ora ho questa gattina che viene da me ogni sera. Non mangia niente, mi sa che è la gatta dei vicini, però viene con me a dormire, tutte le notti.
Le hai dato un nome?
Sì, Ilde
Ti prego, dimmi che è un riferimento alla canzone “La casa di Hilde “di De Gregori.
No, non lo è. Ma apprezzo molto De Gregori.
L’ho conosciuto poco tempo fa ed è uomo meraviglioso. Ci sono persone che scrivono cose belle non a caso perché, parafrasando Moretti, “vivono e parlano bene”. Lui è veramente un uomo molto in gamba.
Collaborerai con De Gregori? C’è speranza?
Mah, io a de Gregori gli potrei solo offrire un caffé. E in realtà è stato lui a offrirmi un bicchiere di vino, è stato molto bello. Mi piacerebbe tanto, ma non credo che ci sia spazio. Perché un uomo con così grande talento dovrebbe lavorare con me che sono solo un apprendista?
Stai facendo un giro d’interviste per l’uscita del disco. Che cosa non ti hanno ancora chiesto?
La mia vita non ha delle domande.
Anzi, meno domande mi rivolgono più sono contento. Ho delle domande che hanno a che fare con l’esistenza degli altri, non con la mia. Voglio cercare l’umanità degli altri. Per me questo sarebbe un grande privilegio, un grande dono.