«Viene tutto a istinto. Noi suoniamo e basta»: i Verdena, si sa, non sono capaci di spiegare la loro musica. Ma sono bravissimi a fartela arrivare. Il secondo volume della loro nuova opera omnia (26 canzoni, un album doppio che secondo quanto ha detto Alberto Ferrari, che l’ha scritto e prodotto: «Fosse stato per noi poteva anche essere triplo») è il passo avanti definitivo della rock band italiana definitiva. I Verdena sono gli unici in grado di dire qualcosa che tenga il ritmo con quello che succede fuori dai nostri prevedibili confini. Il secondo volume parte forte con Cannibale, il singolo-non singolo classico dei Verdena, Colle immane e Fuoco amico, poi diventa ipnotico e psichedelico con Nera visione e Lady Hollywood e chiude in gloria con i 5 minuti e mezzo di Waltz del Bounty.
«Noi siamo la melodia. Il suono. Luca», ha detto Alberto Ferrari a proposito di suo fratello, «è un batterista metal in un gruppo pop. Però capisce la nostra sensibilità. Per questo riusciamo ancora a suonare insieme». Ogni volta che i Verdena si muovono, creano un punto di riferimento. I due capitoli di Endkadenz, messi insieme, sono il monumento alla loro ispirazione radicale, alla loro lotta contro la mediocrità e alla loro ricerca spasmodica della perfezione. Oppure, semplicemente, sono un bellissimo percorso tra melodie e distorsioni.
Quello che i Verdena raggiungono con fatica (quattro anni di lavoro in studio, sperimentazioni con i microfoni, testi tradotti foneticamente dall’inglese, centinaia di canzoni da selezionare per la scaletta) arriva a noi immediato, sublime, perfetto. E questo, in fondo, è il risultato più bello per una band che vuole essere pop, ma senza mai esserlo davvero.