“Alla fine è stata una vita del cazzo, una partita persa, una mano sfortunata”. Prima di incontrare Loredana Berté non riesco a togliermi dalla testa queste parole che (quasi) concludono la sua autobiografia, Traslocando. È andata così. In genere gli artisti (e non solo loro) cercano di nobilitare in ogni modo la propria esistenza. Lei, no. Ha vissuto situazioni drammatiche, ma anche altre decisamente esaltanti. Da un’infanzia anaffettiva agli amori turbolenti (Björn Borg su tutti), fino alla perdita dell’adorata sorella Mia Martini, Mimì. Dalle amicizie con Michael Jackson e Andy Warhol all’onnipresente voglia di scuotere un’Italia bigotta e moralista. Ora Loredana festeggia 40 anni di carriera con Amici non ne ho… ma amiche sì!, l’album dove ricanta i suoi pezzi del passato in duetto con altre cantanti italiane e con due inediti: È andata così, il singolo in radio scritto per lei da Ligabue, e Il mio funerale, firmato da lei.
Quella che incontro in un hotel di Milano (dove continua a vivere: «Ma non mi piace per niente, come Roma, del resto», spiega) è una Berté in versione sportiva: leggings in tessuto tecnico, felpa della tuta, sneakers, capelli con sfumature azzurre raccolti in una coda alta. È tranquilla, come non te l’aspetteresti mai. «Allora, l’hai sentito questo album?», mi interroga. «Hai visto che la mia voce è più bella rispetto al passato? Boh, saranno le sigarette. E mi sono pure disegnata io la copertina». Eccola, all’improvviso adrenalinica.
Che giudizio dai alle cantanti che hanno lavorato con te e a Fiorella Mannoia, che ha prodotto l’album?
Buono a tutte: son riuscite a comprendere il vissuto che c’era dietro ogni pezzo. Da Emma, che mi chiama la sua mamma rock, a Elisa, che ha dato un’interpretazione molto personale a E la Luna bussò, fino a Nina Zilli, che ho adorato. Patty Pravo, poi, mi ha spiazzato scegliendo un pezzo di nicchia come Mi manchi. Ottimo a Fiorella Mannoia, che ha avuto l’idea e ha coinvolto le altre. Tutto merito di Renato (Zero, ndr), comunque: se non ci fosse stato lui, che ha tirato una sòla a me e a lei, a quest’ora non ci saremmo conosciute.
Come sei dura con Renato, l’amico di una vita…
Abbiamo litigato troppe volte e stavolta abbiamo rotto per sempre. E non chiedermi anche tu perché.
In fondo avete condiviso tante belle esperienze, no?
Eccome: io, Mimì e Renato partivamo per andare a vedere qualsiasi concerto senza avere una lira in tasca. Come l’ultima volta che ho visto i Rolling Stones. Era l’11 luglio del 1982, con noi c’era anche Miguel Bosè, era pomeriggio, perché la sera dovevamo vederci la finale dei Mondiali. Che periodo pazzesco. Il giorno dopo l’etichetta discografica mi prelevò da casa all’improvviso e mi disse: “Adesso vai in tour in Germania, ecco i compagni con cui dividerai il palco. Erano i Jackson 5”.
L’intervista completa sul prossimo numero di Rolling Stone, in edicola il 31 marzo.