War is Over, if you want it. Sì, adesso basta. È ora di deporre le armi, di seppellire l’ascia della guerra Yoko Ono/resto del mondo. È stata una dichiarazione unilaterale se dobbiamo essere sinceri, perché dal momento esatto in cui l’artista ha incontrato John Lennon (mettendogli in tasca un bigliettino con su scritto “respira”, tanto che il leader dei Beatles era ingessato a un vernissage) è stata additata come causa di ogni disagio umano e di qualunque nefandezza: eruzioni, terremoti, morti che escono dalle fosse, sacrifici umani, cani e gatti che vivono insieme, masse isteriche (cit.). In realtà questa donna, nata nel 1933 a Tokyo e newyorchese di adozione, è una grandissima artista. Ancor prima di avere a che fare con Lennon, creava opere d’avanguardia, surreali e sofisticate. Dalla sua performance più famosa, quando nel 1964 invitava gente su un palco a tagliarsi i vestiti e mettersi a nudo, fino a quella di una manciata di anni fa, quando ha messo in piedi un “concerto per orgasmo” di tre minuti al MoMA, Yoko Ono ha sempre avuto il coraggio tipico degli artisti radicali e liberi. Non vogliamo dire che l’immensità dell’uomo cui si è accompagnata fino a quel tragico 8 dicembre del 1980 le abbia nuociuto, ma di certo ne ha fatto volare il nome mettendo le sue opere sotto un’ombra piuttosto ingombrante.
E allora è bello che a Lione vada in scena una retrospettiva di 50 anni di suoi lavori, una mostra importante, a livello di dimensione senza dubbio la più grande: più di 100 opere in un percorso in cui il gesto del visitatore ha un ruolo fondamentale. Yoko Ono è sempre stata un’artista profondamente ottimista, una fondamentalista dell’utopia che a ogni costo tentava di chiedere una chance per la pace. La mostra del MAC, che sarà aperta fino al 10 luglio, si intitola ‘Lumière de l’Aube’. E non solo perché la luce dell’alba è la madre di tutte le luci, l’elemento fondamentale dell’arte di Yoko Ono (e su questo va citata l’Imagine Peace Tower, il più grande fascio di luce al mondo realizzato come continuazione naturale del bed peace), ma anche per un omaggio alla Città che ospita la kermesse e che è stata quella in cui proprio Auguste e Louis Lumière diedero vita al cinema nel 1895.
Arrivando al Museo, colpisce subito all’esterno l’installazione Freight Train, treno merci, un vagone pieno di fori di proiettili dai quali emergono spiragli di luce. Un lavoro che Yoko Ono ha realizzato pensando a un tragico evento di cronaca del 1987, quando i corpi di decine di clandestini messicani furono trovati all’ interno di un vagone merci del treno Missouri Pacific dalla polizia di frontiera del Texas, asfissiati dal calore mentre inseguivano una speranza. Ma c’è anche una scacchiera, i cui elementi però sono bianchi da entrambi i lati e quindi rendono la guerra impossibile. O una stanza buia nella quale si entra e si è invitati a toccarsi con qualunque sconosciuto, senza preconcetti. E ancora We are all water del 2006, una schiera di caraffe piene d’acqua, tutte uguali ed etichettate con nomi di molte persone, perché è vero che siamo tutti fatti della stessa materia e abbiamo tutti la stessa dignità.
L’elenco è lungo e questa mostra è assolutamente da vedere. Potrete persino entrare a farne parte a tutti gli effetti, perché è esposto anche un albero dei desideri, un’opera collettiva dove vi sarà chiesto di appendere un biglietto con i vostri sogni e le vostre speranze. O magari un paio di righe per dirle che, in fondo in fondo, non è stata lei a sfasciare i Beatles.
Lumière de l’Aube
Fino al 10 luglio
Musée d’art contemporain de Lyon
81 Quai Charles de Gaulle
69006 Lyon, Francia