Nonostante negli ultimi anni il mercato discografico sia cambiato molto, la pirateria resta un grandissimo problema per l’industria musicale. L’introduzione delle piattaforme di streaming ha creato un effetto forbice: se da una parte sono aumentati gli ascolti “legali”, i ricavi di tali servizi restano molto bassi per le etichette e, soprattutto, la frammentazione legata alle esclusive dei dischi del momento su alcuni supporti rispetto ad altri (vedi Beyoncé, disponibile solo su Tidal, o Drake, che si trova su Apple Music) fanno ritornare molti utenti al download illegale.
Secondo l’ultima stima dell’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), nel 2014 sono stati persi circa 170 milioni di euro a causa della pirateria, il 5,2% di tutte le vendite. Per essere più precisi, 57 milioni sono riferite al supporto fisico (CD, vinili ecc..) e 113 milioni riguardano il mercato digitale.
Lo studio prende anche in considerazione quello che capita in alcuni paesi europei. In Germania, lo stato con il mercato più grande in UE, nel 2014 i fatturati ricavati dalla musica registrata sono stati di circa 1,3 miliardi. Il 75 % di queste entrate è stato realizzato con le vendite di musica su supporto fisico. Le perdite a causa della pirateria sono state pari a 40 milioni, metà su supporto fisico e metà in formato digitale. Analoga la situazione in UK, dove si fatturano mediamente 1,1 miliardi l’anno (le vendite digitali però raggiungono il 52%). Nel 2014 sono stati persi 49 milioni, 25% nelle vendite su supporto fisico e il 75% in quelle in formato digitale.
In Italia invece, nel corso del 2014 l’industria ha generato 200 milioni, 39% derivanti dalle vendite digitali. Le perdite legate ai download illegali sono stimate intorno di 7,8 milioni di euro, 3 milioni per le vendite fisiche e 4,7 sui download.