«Papà, un giorno io sarò famosissimo», Basquiat in mostra a Bologna | Rolling Stone Italia
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«Papà, un giorno io sarò famosissimo», Basquiat in mostra a Bologna

La galleria ONO ospita le foto scattate da Lee Jaffe all'artista. Fino all'11 giugno

Jean Michel Basquiat è scomparso a 27 anni di overdose. Foto: Lee Jaffe

Jean Michel Basquiat è scomparso a 27 anni di overdose. Foto: Lee Jaffe

«Papà, un giorno io sarò famosissimo». È così che un quindicenne Jean Michel Basquiat si rivolgeva al genitore che era andato a recuperarlo in commissariato, dopo che la polizia lo aveva arrestato per rissa e per vagabondaggio (era scappato di casa per i violenti litigi con la famiglia e viveva in una baracca al Washington Square Park di Manhattan). E certamente lo spartiacque della celebrità improvvisa è stato il più importante della vita del grande artista: quella fama immensa che passa per il fidanzamento con Madonna, il rapporto di odio e amore con Warhol, il New York Times che lo mette in prima pagina con il significativo titolo New Art, new Money. The Marketing of an American artist. Fino a una scomparsa tragica e spettacolare, che lo vede cadere sotto i colpi dell’eroina il 12 agosto 1988: una vita a cercare di essere una rock star, finiva a 27 anni proprio come quelle di Robert Johnson, Jim Morrison, Jimi Hendrix, Brian Jones, Janis Joplin. Dunque aveva ragione, sarebbe «diventato famosissimo» e tutti conosciamo bene quel tratto della sua vita. Ma c’è un prima, ci sono gli anni in cui cerca di sfondare e di attirare l’attenzione su di sé in ogni modo, spesso fallendo. C’è la storia di un ragazzo che si sente emarginato e si sfoga nell’arte. Nel 1977 lascia il liceo senza diplomarsi e fonda una band, i Gray (della quale fa parte anche Vincent Gallo) e inizia a bazzicare la School of Visual Art. I suoi primi graffiti sono sensazionali e sorgono sotto la firma SAMO, ovvero come alle orecchie di Jean-Michel suona quel mantra che ripeteva sempre: “Same Old Shit”.

Sono quella manciata di anni successivi a essere i protagonisti della mostra attualmente in corso alla Ono Gallery di Bologna, che ci ha abituato a esposizioni fotografiche di livello, forse di nicchia, certamente emozionanti. Fino all’11 giugno va in scena Lee Jaffe, un visionario che è passato dalla musica, dal cinema, dalla filosofia. Nei primissimi anni ’80 Jaffe incontra Basquiat, e lo segue nei numerosi viaggi che scandivano l’inizio della carriera dell’artista. Pochi scatti che raccontano l’intimità di una futura leggenda, che segue spasmodicamente il successo cavalcando il cambiamento della street art, che da sfogo degli “ultimi” qual era, si preparava ad assurgere all’olimpo dell’arte. Basquiat in queste immagini fa i conti solo con se stesso, con le sue opere potentissime, di una frontalità sconvolgente. È il suo sguardo intimo a dominare le immagini, perché Jaffe aveva capito chi sarebbe diventato Basquiat ed è riuscito a catturarne l’essenza prima della metamorfosi. Da lì a poco Basquiat avrebbe cominciato a frequentare il Mudd Club (il locale notturno che era il centro catalizzatore della cultura punk di quegli anni e sorgeva in un ex capannone a TriBeCa) e il suo essere sarebbe cambiato profondamente dopo la frequentazione con David Bowie, Sid Vicious, Brian Eno e naturalmente Andy Warhol.
È una sorta di diario dell’età dell’innocenza, quello di Lee Jaffe, realizzato prima che Basquiat fosse ossessionato dalla sua figura pubblica e dalla ricerca del consenso dei grandi che frequentava. Perché prima della droga, a uccidere Basquiat era quella foga di dover dimostrare sempre qualcosa a qualcuno. È significativo pensare che un giorno anche Mick Jagger si presentò nel suo studio, e nervosissimo ed eccitato nel vedere il leader dei Rolling Stones nel suo laboratorio, le uniche parole che Basquiat riuscì a bofonchiare furono «Hey ciao, vuoi della droga?»… «No grazie, faccio jogging» rispose Jagger gettandolo nel panico.

Ecco, queste foto raccontano di un Basquiat che credeva incredibilmente nella sua arte, e non aveva bisogno di offrire eroina alle rock star per attirare l’attenzione.

Basquiat X Lee Jaffe
ONO arte contemporanea
Fino all’11 giugno 2016
Bologna, Via Santa Margherita 10
www.onoarte.com

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