Ci voleva Corrado Guzzanti e Dov’è Mario? per capire che in Italia un certo tipo di intellettualismo ha scocciato; ci volevano il suo Mario Bambea e il suo Brizio, facce della stessa medaglia, per mettere a tacere un certo tipo di critica e di opinionisti. Indovinate, però: com’è successo con La Grande Bellezza di Paolo Sorrentino, che faceva il suo esordio nel 2013 proprio di questi tempi, anche Dov’è Mario? di Guzzanti è riuscito a raccogliere consensi tra la platea più critica. E la cosa non potrebbe essere più divertente: gli stessi che si vantano di essere sempre i primi a capire, vedere e fare, sono stavolta l’ultima ruota, quelli che si accodano a un fenomeno – al fenomeno, pardon – comico e che fanno finta di aver colto l’ironia per non rimanere indietro. “Che? Come? Ahssì, chiacchiericcio stantio: simpaticissimo”. In questo modo, però, molte delle valutazioni che andrebbero fatte, come per esempio il tentativo sacrosanto di Sky di diversificare la propria produzione, passano quasi in sordina. E di critiche, o recensioni se preferite, puntuali se ne contano tante quanto sono le dita di una mano.
Dunque Guzzanti, dunque Dov’è Mario?, dunque due dei comici più importanti e bravi che ci sono in circolazione: Saverio Raimondo, mattatore di CCN, e Virgina Raffaele, da Sanremo ad Amici di Maria De Filippi, bella e bravissima – il superlativo, in questo caso, è d’obbligo. Sky ancora una volta dà lezioni: punta su un artista come Corrado, uno che sceglie con attenzione i propri progetti e che è difficilissimo da convincere, senza rinunciare alla qualità.
È questa idea, di intrattenimento misto a critica sociale, il segreto del successo di Dov’è Mario?, che ieri sera ha fatto centro: pubblico entusiasta e critica incaprettata, e certi pezzi e articoli ricchi di oscurantismi e finta poesia impossibili da decifrare. L’importanza del ritorno di Guzzanti in televisione, dopo oltre tre anni di assenza, sta tutta qui: sta nel prendersi il tempo giusto, nel trovare spazio e modi per dire qualcosa di nuovo; e nella svolta – non così evidente eppure abbastanza fondamentale – di passare dalla satira politica a quella sociale. E indovinate: i più criticati, ancora una volta, siamo noi, il pubblico, quello che segue gli intellettuali come Bambea, che ciarlano e ciarlano nei salotti televisivi e vanno in stampa un mese sì e l’altro pure e quello che applaude comici come Brizio. “Porcoddena”, direbbe l’anonimo ascoltatore di Dov’è Mario?.