Dopo esser stata aspramente criticata a causa di un passaggio controverso nel suo ultimo libro di memorie – in cui ha parlato degli Aborigeni australiani come “dinosauri” – Marina Abramović ha voluto ribadire ufficialmente le proprie scuse.
Nel suo libro l’artista serba ricordava un suo viaggio in Australia nel 1979, quando per la prima volta incontrò alcuni rappresentanti delle tribù aborigene.
“Gli Aborigeni non sono solamente il gruppo etnico più antico dell’Australia – recita il passo sotto accusa – ma sono come dinosauri, e dovrebbero essere trattati come tesori viventi. Ma questo non accade”.
“Ma allo stesso tempo – continua la Abramovic nel libro – la prima volta che li incontri, devi sforzarti con loro. Per prima cosa, a occhi occidentali sembrano spaventosi. I loro volti sono come nessun altro volto sulla faccia della terra; hanno busti enormi…e gambe che assomigliano a ramoscelli”.
Ovviamente le critiche non hanno tardato a piombare addosso alla performer e, nonostante nel resto del capitolo la Abramović si spenda nel descrivere l’“affascinante” modo di vivere degli Aborigeni, la scorsa settimana in migliaia hanno voluto esprimere il proprio disappunto su Twitter con l’hashtag #TheRacistIsPresent – che gioca sul titolo della celebre perfomance e del documentario “The Artist Is Present”.
Se già al momento delle critiche la risposta di Marina Abramović tramite social network non si era fatta attendere, negli scorsi giorni l’artista ha voluto ribadire nuovamente il proprio dispiacere per l’equivoco, rilasciando un comunicato scritto “a cuore aperto”, in cui definisce “terribile” il linguaggio usato per descrivere la popolazione aborigena, che il suo cuore “ha sofferto di continuo” dal momento dello scandalo.
Riportiamo qui sotto le parole dell’artista:
“I have tried to live my life with courage and I have very few regrets. However the events of the last week have been humbling. My choice to include in my unfinished memoir manuscript the passage from my 1979 diary that used such terrible language to describe my first impressions of Aboriginal peers in the Western Australian desert is one of these regrets. My heart has been aching continually since this came to light. My words were offensive and I want to wholeheartedly apologise to those who I have hurt as a result. The most painful part of it all is that I have hurt Aboriginal individuals who trusted me, and that I perpetuated hurtful stereotypes of a people to whom I owe so much and respect so utterly. I know that the words I used felt like a betrayal and I am truly sorry. Devaluing the integrity, the beauty and the struggle of indigenous Australians, with whom Ulay and I lived from 1980 to 1981, must have seemed an assault on people who are particularly beloved and inspiring to me.”
“Ho provato a vivere la mia vita con coraggio e ho pochissimi rimpianti. Tuttavia, gli eventi della scorsa settimana sono stati umilianti. La scelta di includere nel manoscritto incompiuto delle mie memorie il passaggio tratto dal mio diario del 1979, in cui ho usato un linguaggio terribile per descrivere le mie prime impressioni sui miei pari Aborigeni del deserto australiano occidentale, è uno di questi rimpianti. Il mio cuore ha sofferto di continuo sin da quando questo fatto è venuto alla luce. Le mie parole erano offensive e voglio scusarmi con tutto il cuore con chi ho fatto soffrire per questo. La parte più dolorosa di tutto ciò è che ho ferito persone aborigene che hanno creduto in me, e che ho perpetuato stereotipi così dolorosi su persone cui devo così tanto e che rispetto in maniera così piena. So che le parole che ho usato suonano come un tradimento e sono davvero dispiaciuta. Svalutare l’integrità, la bellezza e la lotta degli indigeni australiani, con i quali Ulay e io abbiamo vissuto nel 1980-1981, dev’essere sembrato un assalto a persone che amo particolarmente e di grande ispirazione per me”.