La musica è stanca, come una vecchia canzone di Battiato: anzi, è sfinita, soprattutto da queste parti. Circondata da afflati novecenteschi posticci, flanelle da buttare, vellutini da cantautore sgualcito che non esiste più – e non può più esistere, si barcamena in ricordi 80s, riproduzioni di vecchi synth e arrangiamenti da nuove hit. Anche i Canova, con quest’esordio, si ascrivono al sottoinsieme dei nuovi neorealisti della canzone, avvolti dagli spleen post adolescenziali a cantare il tableau vivant di aperitivi, Navigli, amori fallimentari e cantanti alla meno peggio. Davvero non riusciamo a permetterci di più? Davvero dopo tutte le copie dei cantautori 70s, ora ci tocca un elementare passaggio alla riproduzione degli 80s? Basteranno musiche catchy, produzioni dorate e chitarre acchiappa attenzione a offrire alla nostra musica qualcosa di significativo? Ma, soprattutto, è questo il modo migliore che abbiamo per cantare questo tempo? Preferiremmo pensare di no.
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