Più di vent’anni fa, durante i lavori per costruire un centro commerciale al posto di una fabbrica abbandonata alla periferia di Roma, venne fuori un laghetto: gli scavi liberarono un vecchio fiume interrato contro il quale nulla poterono le idrovore. Da allora il destino dell’area è oggetto di una curiosa contesa: per metà nelle mani di un centro sociale che vorrebbe farci un parco, per metà di palazzinari indagati a vario titolo, i quali a un certo punto avrebbero voluto tirarci su ben quattro grattacieli. Militant A degli Assalti Frontali (che è del quartiere) lo ha battezzato “il lago che resiste”. Di recente ne ha cantato l’epopea in due pezzi già girati molto in Rete, che tornano in chiusura del suo nuovo album, Mille gruppi avanzano. Assalti Frontali esistono più meno da quando esiste il Lago. Come il Lago, sembrano una storia uscita dai racconti del Marcovaldo di Italo Calvino. Militant A usa da sempre le metafore del chiaro contro lo scuro, della natura contro il grattacielo, fiori nel cemento, via Gluck, via Paal, no Tav, le sirene blu della polizia, il richiamo a una ragione collettiva e “local” contro l’impazzimento populista alla Trump (gran costruttore di grattacieli, peraltro). Le parole di Militant A risalgono alla contraddizione originaria dell’hip hop anni ’90: consciousness contro gangsta rap, didattica brechtiana contro il fascino autodistruttivo delle mille Gomorra del pianeta (conclusa al momento con la vittoria schiacciante di Gomorra). Ma vanno oltre, fino a saldarsi con la tradizione nostra, nascosta e dimenticata, delle “canzoni di lotta” anni ’60-’70. Se l’hip hop doveva servire a riscrivere l’armamentario agit-prop della politica di strada (i volantini, i manifesti, i megafoni, le manifestazioni), l’operazione è riuscita. “Noi abbiamo aperto un parco, una palestra popolare, un consultorio”, canta Militant A in Questo è uno spazio aperto “governeremo insieme questo territorio”. D’altra parte, proprio perché l’immaginario di riferimento degli Assalti Frontali, quello della sinistra radicale, è stato ridotto a poca cosa in questi anni, non si dovrebbe sottovalutare il “lago che resiste”. Non è “fuori moda”, tutt’altro: l’immigrazione, la scuola, gli spazi pubblici in città sono i temi centrali attraverso i quali la narrazione (di destra/populista) ha inquinato quasi tutti gli altri pozzi.
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