Resta valida la regola After Eight, quei biscottini per il dopo-cena composti da un cuore di menta ricoperto di cioccolato fondente: il primo che addenti appaga, il secondo diverte, ma già il terzo rischia di essere stucchevole. Non bisogna esagerare: We Were Alive sembra una Björk giovane che si strugge ripetendosi – appunto – “è come se fossimo vivi”; Future Politics è un’operetta mesta su un quattro quarti per feste dei piccoli; il crescendo new age su ritagli sintetici e brandelli di voci in I’m a Monster; un club in cui a un certo punto tutti scoppiano in lacrime e poi si abbracciano, I Love You More Than You Love Yourself; il basso tettonico di Gaia, che spezza l’andamento da Supertramp gotici; Deep Thought, che è un carosello per arpa Bontempi e – a chiusura – 43, ovvero una specie di trip-hop dubbato e minimale. È tutto molto carino e per un attimo torni la/il 18enne che urla un grande segreto dal finestrino di una FIAT lanciata in autostrada. Ma attenti a non esagerare.
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