Per parlare di questa edizione del weekend delle stelle NBA, l’All-Star Game, dobbiamo fare un passo indietro e partire da un fatto di cronaca legato a un personaggio che negli Stati Uniti è divenuto un simbolo culturale e sociale: Jason Collins. Ritiratosi nel 2014 dopo tredici stagioni NBA, nell’aprile del 2013 Collins ha dichiarato di essere gay. E’ stato il primo, e per ora unico, atleta dello sport professionistico americano (delle leghe maggiori, NFL, NHL, Major League e NBA appunto) a essersi dichiarato omosessuale, un’uscita che ha avuto un impatto clamoroso nel machista mondo sportivo (non solo americano…): «Il mio sogno – dichiarò nel suo coming out – è giocare nell’NBA e vivere la mia vita autentica, di orgoglioso gay allo stesso tempo».
Una dichiarazione che è stata uno spartiacque nel mondo “pro” a stelle e strisce. Collins è diventato un icona culturale e il Commissioner NBA Adam Silver lo aveva elogiato: «Sono onorato e contento del suo coming out, significa che la NBA per lui è un ambiente confortevole in cui si è sentito a proprio agio per parlare della sua vita privata«. Proprio Adam Silver è in prima linea per lo sviluppo della NBA in una maniera innovativa, in grado di correre a grandi passi verso il futuro (a Londra ci aveva raccontato della sua “visione” futuristica e global) e come detto, l’NBA è molto attenta alle tematiche sociali e proprio per questa attenzione e attitudine, quest’anno l’All Star Game – in partenza stasera (dalle 1 AM ora italiana visibile su Sky Sport) – è stato spostato, caso unico nella storia dello sport americano, da Charlotte a New Orleans. Il motivo? La città del Nord Carolina avrebbe dovuto ospitare l’evento ma l’NBA ha preferito scegliere la città della Louisiana non concordando con una legge statale, la “Bathroom bill”, che limita le protezioni per lesbiche, gay e transessuali. Ad esempio si chiede a questi ultimi di usare bagni pubblici che corrispondano al sesso scritto sul certificato di nascita. Una legge reazionaria che è stata criticata anche da colossi come Facebook e Google. Così anche questo evento di festa è stato uno stimolo per Silver e tutta l’NBA, compresi i giocatori, per continuare nella rivendicazione di diritti e uguaglianza.
Momento di grande attualità, visto quello che sta succedendo negli States sulla questione più ampia dei diritti sociali. E per questo mi sembra doveroso segnalare lo spot, con musica e voce di Alicia Keys, Equality di Nike uscito questa settimana e che vede protagonisti diversi atleti (Victor Cruz, Serena Williams) tra cui le due superstar NBA LeBron James e Kevin Durant. Proprio LBJ e KD saranno tra i grandi protagonisti della partita delle stelle di domenica notte, preceduta come ogni anno dagli interessanti antipasti. La prima partita del fine settimana NBA All-Star sarà quella tra stelle del cinema, della TV, della musica e dello sport, attenzione al campione in carica Win Butler degli Arcade Fire che lo scorso anno ha vinto il titolo di MVP portando la sua squadra al successo. Poi sempre oggi, nella notte italiana, si giocherà la partita delle future stelle (occhio a Karl Anthony-Towns, Kristaps Porzingis e Nikola Jokic). Sabato sera invece sono in programma le sfide del tiro da 3 punti (grossi nomi in gara quest’anno anche se Steph Curry non sarà della partita e purtroppo neanche il nostro Marco Belinelli che questa gara l’ha vinta qualche anno fa) e la tanto attesa gara delle schiacchiate, che da anni non annovera grossi nomi ma che è sempre uno spettacolo per gli occhi (e anche per questa edizione i favoriti sono Gordon e LaVine).
Infine, domenica, la partita delle stelle. Un appuntamento che è sinonimo di spettacolo puro, tra giocate divertenti, schiacciate spettacolari e punteggi altissimi. C’è da chiedersi se Russell Westbrook (che partirà dalla panchina) vorrà vincere il suo terzo MVP consecutivo, se Anthony Davis darà qualcosa di più visto che gioca in casa, se le star come Harden, Durant, Leonard, Wall, Irving, DeRozen, Curry e tutti gli altri si prenderanno la scena. Per i neofiti consigliamo di tenere d’occhio un giocatore unico per fisicità e capacità. Si chiama Giannīs Antetokounmpo, ha 22 anni, è greco ma di origini nigeriane, ha un cognome impronunciabile (tanto che lo hanno ribattezzato “The Human Alphabet” o se preferite “The greek freak”) e un talento raro commisurato a un fisico agile, forte, elastico il che è davvero assurdo se paragonato alla sua altezza (2 metri e undici centimetri). La sua è una storia da migrante e sottoproletario nella Grecia colpita dalla crisi economica. Una storia che prima o poi speriamo di potervi raccontare, intanto godetevelo domenica, sarà la sua prima partecipazione all’All Star Game e partirà in quintetto base nel Team East capitanato da LeBron James.