Il primo concerto dei Decibel, martedì 4 ottobre 1977, viene ricordato soprattutto per un dettaglio: non c’è mai stato. Era tutto una farsa, architettata da alcuni compagni di liceo – oggi di quella formazione rimangono Enrico Ruggeri, Silvio Capeccia e Fulvio Muzio. Volevano «scuotere il sistema» sulla falsariga di ciò che stava accadendo parallelamente nel Regno Unito con i Sex Pistols. «Il corrispettivo inglese era Malcolm McLaren», spiega Ruggeri, paragonandosi all’uomo dietro a Johnny Rotten e soci.
«La sera prima dell’evento abbiamo tappezzato Milano con 2.000 manifesti. C’era scritto: “Concerto punk con i Decibel, Discoteca Piccola Broadway, Lire 1.500 con consumazione”». Peccato che nessuno del locale sapesse niente dell’evento. Il posto era stato scelto a caso da Ruggeri, perché un suo amico viveva lì di fronte, in corso Buenos Aires. Dio solo sa l’espressione sul volto del proprietario quando si è visto arrivare 300 punk della prima ora, vari cortei di sinistra («chi aveva i capelli rasati e il giubbotto di pelle era considerato fascista») e anche la polizia, piombata sul posto dopo la rissa fra le due fazioni.
Quarant’anni dopo, al posto del Piccola Broadway c’è una banca, ma i Decibel, sul palco, ci vanno per davvero. Enrico rassicura che il tour del nuovo album, Noblesse Oblige, avrà date intime, per veri fan, ma con un prezzo leggermente più alto del normale proprio per giustificarne l’esclusività. Una sfumatura volutamente “snob”, che in casa Decibel c’è oggi – intuibile già dal titolo del disco – così come c’era ai tempi del secondo album, Vivo da re.
Con la differenza che, all’epoca, la transizione dal punk che voleva fottere il sistema alle cravattine sfoggiate da Ruggeri e band in Contessa sul palco di Sanremo ’80 aveva fatto incazzare non poche persone, come conferma Capeccia. «Non c’entriamo niente con niente e siamo fieri di appartenere a una minoranza», riassume il frontman, che a giugno compirà 60 anni. Mettici anche le ricorrenze dei 40 anni del punk e di quel primo non-concerto del ’77 e per ritornare nella formazione di new-waver incravattati è stato l’anno perfetto.
Eppure è nato tutto per caso. Il primo step di questa reunion – si erano separati a inizio ’80 per tensioni tra i manager della loro etichetta, non tra di loro – è stato “facciamo un singolo”. Poi si è passati a: “Ok, facciamo un disco autoprodotto in sole 200 copie”, mentre il terzo step è stato finalmente Noblesse Oblige. Enrico e Fulvio lo descrivono come un equilibrio perfetto fra cinismo e romanticismo.
«Fare musica è questo», spiega meglio Silvio, «è suonare dal vivo e usare suoni veri, crudi. Anche per parlare di amore. Non come queste tastiere edulcorate che si sentono in radio oggi». Ed è inevitabile aprire una piccola parentesi di critica verso l’artista moderno, su cui ci troviamo d’accordo nonostante i 27 anni di chi intervista e i 60 di chi è intervistato. Oggi il solista è la regola, la band è l’eccezione.
Difficilmente si investono anni per imparare uno strumento, ma più volentieri si canta o si fa il dj. Niente più band, niente più rock. «Tutto sommato», la tocca piano Ruggeri, «i gruppi degli anni successivi al nostro esordio si sono divisi tra quelli che suonavano come il primo album dei Decibel e quelli che suonavano come il secondo».