Il mood della cerimonia di premiazione lo segna quasi profeticamente Monica Bellucci esprimendo «la speranza che più registe trovino il loro spazio. E allora il mio ruolo di donna e di madrina mi costringe a ricordarvi due modi di dire», ha aggiunto, «“Fate attenzione a non fare piangere una donna perché Dio conta le sue lacrime”, ma anche “Quando una donna si mette in testa di fare qualcosa il diavolo si siede e prende appunti”». Ecco i cinque motivi per cui la 70esima edizione del Festival di Cannes è stata probabilmente la più femminista finora.
I numeri
Quattro le donne (su nove componenti, questa è la proporzione da tempo) nella giuria presieduta da Pedro Almodovàr, che la Bellucci ha definito «magnifico, maschile e femminile»: la tedesca Maren Ade, regista di Vi presento Toni Erdmann, film-caso dello scorso anno, l’attrice e regista francese Agnès Jaoui, Fan Bingbing, attrice e produttrice cinese, e la star americana Jessica Chastain, che da Cannes ha postato su Instagram una foto dove indossa una t-shirt con scritto “We should all be feminist”. Più chiaro di così. Non solo. Erano tre le quote rosa in concorso (Naomi Kawase, Sofia Coppola e Lynne Ramsay) e sono state premiate in due: la Ramsay per la sceneggiatura di You were never really here e Sofia Coppola come miglior regista.
Go Sofia!
È la seconda donna in 70 edizioni a conquistare il premio per la regia, a sette anni dal Leone d’oro alla Mostra di Venezia per Somewhere. Non male, Sofia. E a Cannes vince con un film, titolo The Beguiled (L’inganno), che più che un remake de La notte brava del soldato Jonathan del 1971 di Don Siegel è stato salutato come un revenge movie femminista fino al midollo. Nei panni che furono di Clint Eastwood c’è Colin Farrell ma il resto del cast è di sole donne: dalle star Nicole Kidman, Kirsten Dunst e Elle Fanning (attesissime e applauditissime sul tappeto rosso), alle meno conosciute attrici che interpretano le giovani sudiste.
Virginia, Guerra di Secessione. Un soldato nordista ferito arriva in un istituto per ragazze che, combattute tra humanitas e patriottismo, finiranno per essere affascinate dall’ambiguo ospite, con conseguenze drammatiche. «Nel primo film la vicenda era narrata dal punto di vista dell’uomo, mentre io ho cercato di restituire la prospettiva delle ragazze» ha spiegato la Coppola «I film sono due parti diverse della stessa storia, l’interpretazione poi spetta al pubblico». Uno dei tre nomi femminili in concorso vince il riconoscimento per la miglior regia. Se non è un segnale questo…
Miglior attrice
40 anni, tedesca ma conosciuta per film che più americani non si può: dal kolossal Troy all’action Il mistero dei templari e per ruoli che mettevano in luce la sua bellezza (vedi alla voce Elena di Troia). Diane Kruger ha ottenuto il premio per la migliore interpretazione femminile grazie al suo intenso personaggio nel film In the Fade di Fatih Akin, dove l’attrice recita per la prima volta nella sua lingua madre. Una parte, quella di una madre che perde la famiglia in un attentato di matrice razziale e cerca la sua vendetta, che, secondo i rumors, potrebbe portarle anche una nomination all’Oscar. «Non posso accettare questo riconoscimento senza pensare a chi è stato colpito da atti di terrorismo» ha detto la Kruger emozionatissima «E lo dedico a chi riesce a trovare la forza di andare avanti». Miglior attore invece Joaquin Phoenix per You were never really here, diretto — guarda caso — da un’altra donna, la tostissima regista scozzese Lynne Ramsay.
Nicole la diva
Per lei la giuria ha addirittura creato un riconoscimento speciale: il premio del 70º anniversario. Perché quando hai Nicole Kidman sulla Croisette con ben tre film (di cui due in concorso) e una serie tv, mica puoi farla tornare a casa a mani vuote. Scherzi a parte, Nicole is back: dopo le critiche per aver esagerato con la chirurgia estetica, la Kidman, quasi 50 anni e non sentirli, è tornata più bella e bionda che mai, miracolosamente senza l’ombra di botulino e con l’inconfondibile eleganza di sempre sul red carpet.
Ma — quello che più conta — brava, da applausi in ruoli estremi e torbidi: dalla direttrice dell’istituto per ragazze di The Beguiled di Sofia Coppola all’oculista borghese di The Killing of a Sacred Deer di Yorgos Lanthimos, dalla punk di How to talk with girls at parties (fuori concorso) alla madre adottiva della seconda stagione di Top of the lake: China Girl, dell’amica Jane Campion (che è l’unica regista nella storia di Cannes ad aver vinto la Palma d’oro). Per non parlare della dichiarazione-inno al girl power nel cinema: «Qui abbiamo Jane Campion e Sofia Coppola», ha detto il premio Oscar, «Ma non dobbiamo dimenticare le statistiche: lo scorso anno circa il 4% dei film prodotti dalle major sono stati diretti da donne. Tutti dicono che le cose stanno cambiando e forse è vero, ma ancora troppo lentamente. Noi come interpreti dobbiamo sostenere le registe donne».
L’italiana
Nel palmarès di Cannes c’è anche un’italiana: é Jasmine Trinca premiata per la miglior interpretazione nella sezione “Un certain regard” dalla giuria presieduta da Uma Thurman. L’attrice è protagonista del film Fortunata, diretto da Sergio Castellitto e scritto da Margaret Mazzantini: «una meravigliosa coatta», come l’ha definita la Trinca, che lotta come una guerriera per crescere la sua bambina nella periferia romana di Torpignattara. La dedica? «Alle donne che sono portatrici di vita, a mia madre e a mia figlia».