La nuvola di dati, il Cloud, quella leggiadra magia invisibile a cui abbiamo appaltato la gestione dei nostri dati personali: mentre ci chiediamo che fine facciano quei terabyte di ricordi e fattacci personali, c’è chi si immagina un futuro in cui da quel nuvolone pioverà – e chiunque saprà tutto di tutti in una forma di onniscienza che cambierà per sempre la società.
The Private Eye è una lunga storia scritta da Brian K. Vaughan (il cui cv include Lost e Paper Girls, tra le altre cose) e disegnata da Marcos Martin. Nato come webcomic – vincitore dell’Eisner e Harvey Awards di categoria nel 2015 – e ora arrivato in Italia per i tipi di Bao, The Private Eye è ambientata in un futuro post “alluvione”, ovvero dopo lo scoppio della Cloud e la conseguente fine di Internet.
Tutto è diverso nella Los Angeles del 2076: Internet si è estinto e il mondo è andato offline, c’è una lotta di potere tra la categoria dei giornalisti, che ormai fungono da autorità costituita, e i “paparazzi”, ovvero i giornalisti senza licenza, sono i nuovi pirati in un mondo in cui i pettegolezzi hanno un valore unico.
Tutti, per esempio, indossano maschere assurde – tra i momenti migliori della serie, la ricercatezza di alcuni copricapi animaleschi – perché tutte le cronologie web di tutti gli abitanti del pianeta sono ormai state pubblicate, mandando all’aria carriere, vite e matrimoni. La privacy, da queste parti, è un’anomalia.
La storia segue le vicende di uno di questi paparazzi, P.I., assoldato da una ragazza che gli chiede di indagare su di lei stessa: trovare tutto il marcio che gli altri – chi? – potrebbero trovare. Poche ore dopo, la ragazza viene trovata morta e P.I. si ritrova invischiato in un complotto che coinvolge: a) dei terroristi francesi; b) un razzo.
The Private Eye è una notevole storia fantascientifica su un mondo letteralmente post Internet, in cui la grande Rete è scomparsa, ma rimane nei ricordi dei nonni e nell’inconscio collettivo come uno spettro, una presenza inquietante e misteriosa. Inevitabilmente, in tutto questo, c’è chi tenterà di ricreare il web per tornare alla normalità del passato, per sognare un mondo connesso e per fare un sacco di soldi ai danni di tutti gli altri. Che è anche come è nato veramente il web.