Gray fa film come un esploratore, cerca dettagli che definiscano la sua poetica e i personaggi. Ma Civiltà perduta non assomiglia alle sue altre opere: Little Odessa, I padroni della notte, C’era una volta a New York indagavano la sua città natale, N.Y.. Questo film, ambientato in Irlanda, Inghilterra e nella giungla amazzonica all’inizio del XX secolo, porta il regista ebreo-russo fuori dalla sua zona di sicurezza.
Racconta la storia di Percy Fawcett, ufficiale britannico con un’ossessione: esplorare una regione selvaggia della Bolivia in cerca, appunto, di una civiltà perduta. A interpretare Fawcett è Charlie Hunnam, già motociclista nella serie tv Sons of Anarchy. Hunnam parte in sordina, ma la forza implosiva della sua prova trova presto il passo giusto. Fawcett è un soldato che non ha mai visto l’azione. La Royal Geographical Society gli dà l’opportunità di affrontare un diverso genere di nemico: l’ignoto. La moglie, incinta (un’appassionata Sienna Miller), vede i pericoli nascosti dietro a questo pellegrinaggio lungo due anni. Ma Fawcett non ha intenzione di perdere un’occasione del genere.
Nel 1906 parte per il suo primo viaggio (saranno tre in tutto) in compagnia di Henry Costin (un bravissimo Robert Pattinson), il quale adotta un piglio stravagante che contrasta bene con la rigidità esteriore di Hunnam. Quando Fawcett e Costin discendono un fiume in barca e attirano la curiosità delle popolazioni indigene, tra cui dei cannibali – oltre a piranha e predatori vari – Civiltà perduta si trasforma in un’autentica avventura esotica. Fawcett torna in Inghilterra.
La sua ambizione gli ha fatto rischiare la vita, ma gli ha portato le medaglie. Il celebre esploratore antartico James Murray (Angus Macfadyen) si unisce a lui per il secondo viaggio. Ma è la persona che resta a casa a lasciare il segno più profondo. Miller è superba nei panni della pre-femminista, indignata per una specie di camicia di forza culturale che impone alle donne di restare fuori dal mondo degli uomini.
Sarà il figlio maggiore Jack (Tom Holland) a seguire Fawcett nel suo ultimo viaggio, che si concluderà nel 1925 con la sua scomparsa. Gray non cerca di eguagliare la visceralità messa in scena da Coppola in Apocalypse Now e Herzog in Aguirre furore di Dio. Il suo passo è classico nella forma, ma l’impatto è ugualmente potente. Tutti danno il meglio per questo film visionario: una provocazione che ti conquista a poco a poco, come l’Eldorado che Fawcett ha desiderato per tutta la vita. Provate a farlo uscire dai vostri sogni, adesso.