I 10 dissing e insulti più famosi sport | Rolling Stone Italia
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I 10 dissing più famosi dello sport

In attesa del match di Las Vegas, Mayweather e McGregor non se le mandano a dire. Rinverdendo un genere che non conosce crisi: l'insulto tra i campioni dello sport

I 10 dissing più famosi dello sport

Al presunto match del secolo tra Conor McGregor e Floyd Mayweather manca poco meno di un mese, ma l’hype attorno all’evento ha già raggiunto vette notevoli. Al di là del vostro giudizio sulla credibilità dell’evento. Ad allestire il climax hanno contribuito le dichiarazioni dei due protagonisti, che, prima di incrociare i guantoni, come da tradizione si sono presi a male parole. In attesa del match, in programma il 26 agosto alla T-Mobile Arena di Las Vegas, il pugile di Grand Rapids e il lottatore irlandese si sono già affrontati verbalmente quattro volte in un inedito press tour che ha toccato Los Angeles, Toronto, Brooklyn e Londra. “Faggot” (in italiano sarebbe “frocio”), ha detto Mayweather al rivale, salvo poi scusarsi e spiegare, tramite il suo portavoce, di aver usato il termine perché “l’avversario lo aveva chiamato scimmia”. Il pugile, uno degli sportivi più pagati al mondo, ha più volte sottolineato la differenza di portafoglio tra i due, mentre il campione UFC ha detto che “Money” si era presentato in tuta alla conferenza perché “non può più permettersi nulla”.

Differente il look di McGregor, che all’ultimo appuntamento con la stampa ha sfoggiato un elegante gessato. Peccato che sulle righe dell’abito ci fosse scritto “Fuck you”. Per rincarare la dose il campione MMA, che per Mike Tyson su quel ring “rischia di farsi ammazzare”, ha postato su Instagram una foto in cui indossava una canottiera dei Golden State Warriors di C.J. Watson: nel 2010 Mayweather scoprì uno scambio di messaggi della moglie con quest’ultimo e, secondo le accuse di lei, picchiò la compagna, che lo denunciò. Altri capitoli sono destinati a essere scritti nelle prossime settimane in attesa del Seconds Out, complice la bulimia social dei due. Negli Stati Uniti c’è un’espressione per indicare questa attitudine da parte degli atleti: trash-talking. C’è chi ne fa largo uso in campo, nelle pieghe di una partita, chi invece sbraita al nemico davanti ai microfoni.

Ecco a voi i più celebri dissing della storia sportiva:

McIlroy vs. Tiger Woods

L’allievo che umilia il maestro. Era il 2011 e l’allora 21enne nuovo fenomeno del golf mondiale Rory McIlroy diceva la sua su Tiger Woods, leggenda decadente del golf. Era l’eresia di un ambizioso pretendente al trono: “Quando lui era al top io non c’ero. Mi ricordo il suo nervosismo, la prima volta che lo incontrai: avevo 15 anni. C’era come una presenza inquietante in lui. Oggi Tiger non gioca più come un paio di anni fa, non so se potrà tornare a dominare. Ormai è diventato un golfista ordinario”.

Rex Ryan vs. Tom Brady

Rex Ryan, focoso coach di New York Jets e Buffalo Bills, ha sempre avuto un nemico nella Nfl: i New England Patriots. In particolare l’allenatore, uno che ha modificato il colore della pin up tatuata sul braccio dopo aver cambiato squadra, non ha mai sopportato il quarterback Tom Brady. “Penso che Tom debba tenere il gomito un po’ più su quando lancia, lo dico perché so che lui ama ascoltarmi” fu una delle sue tante provocazioni. “Non avevo mai pensato a quanto io somigli a Tom: siamo entrambi belli e in forma, e sposati con una super top model” lo ha preso in giro una volta, con riferimento al suo legame con Gisele Bundchen.

Mourinho vs. Wenger

I due tecnici non si sopportano dal loro primo incontro, 13 anni fa. Per Mou crearsi dei nemici è essenziale per serrare i ranghi nello spogliatoio, e Wenger non è mai apparso in grado di evitare le sue trappole. Gli spintoni a bordo campo dell’ottobre 2014 testimoniano a che livello di esasperazione il portoghese abbia portato il collega. Nelle varie conferenze stampa Wenger è diventato “specialista in fallimenti”, “un guardone che sbircia con il binocolo nelle case degli altri”, uno “che piange sempre” e “arriva sempre quarto”. Wenger, dal canto suo, ha sempre provato a rintuzzare: “Mourinho è un catenacciaro, che non prova a giocare a calcio”, è “fuori controllo, e i successi lo hanno reso ancora più stupido”. E questa è solo una piccola parte degli scambi amichevoli tra i due.

Agassi vs. Sampras

L’antipatia reciproca tra i campioni che hanno dominato il tennis degli anni ’90 non è mai stata un mistero e Agassi, parecchio meno riservato del connazionale, ha passato il segno più di una volta. “Pete suona più robotico di un pappagallo. Invidio la sua ottusità: la sua mancanza di ispirazione è spettacolare”, fu il suo pensiero nei confronti del rivale, riportato nel best-seller Open. Andre ha descritto Sampras come un avaro cronico: “Una volta ho scommesso con il mio ex coach su quanto avesse lasciato di mancia al guardia-macchine. Io dicevo 50 dollari, Brad sosteneva 5. Poi l’abbiamo chiesto al ragazzo: un dollaro”. Terminata la carriera, l’astio tra i due si è reso manifesto in maniera imbarazzante in un match di beneficienza del 2010, quando Sampras sparò deliberatamente una battuta in faccia al collega.

Mayweather vs. Pacquiao

Prima di McGregor, c’era già stato un altro match del secolo. La sfida tra Floyd e il campione filippino andò in scena sempre a Las Vegas, nel maggio 2015, e produsse un guadagno di 500 milioni di dollari. Mayweather, nel tentativo di attizzare un match che si sarebbe poi rivelato una delusione da un punto di vista agonistico, nelle settimane precedenti si diede al trash talking a sfondo razzista. In un video il pugile americano definì l’avversario “un piccolo idiota giallo” e gli ordinò di cucinargli un sushi roll e del riso. Tasha Robinson, sua ex collaboratrice, disse che più volte in privato si era prodotto in accuse xenofobe nei confronti del filippino. “Prenderò a calci il culo di quel nano”, disse, ribattezzando l’avversario “Poochiao”. “Il nome di quel figlio di puttana è Emmanuel, pure quello è un fake. Lo cucinerò assieme a qualche cano o gatto”.

Maradona vs. Pelè

Forse la rivalità più famosa e duratura nella storia dello sport. O Rey è sempre stato il bersaglio preferito della retorica pulp del Diez argentino: “Pensava che sarebbe potuto diventare il presidente dei brasiliani, avrebbe invece dovuto occuparsi di Garrincha e non lasciarlo morire nell’indigenza”, disse in risposta al brasiliano, che nel 2009 si era spinto fino a definirlo “un cattivo esempio per i giovani”. “Dovrebbero togliergli tutti i titoli vinti, come fanno agli atleti olimpici positivi all’antidoping”, aveva aggiunto l’ex fuoriclasse del Santos. Ma Maradona, come è nel suo stile, ha fatto ben di peggio. “Pelé ha perso la verginità con un uomo”, disse una volta. E se Pelè ha sostenuto che Di Stefano fosse meglio di lui, Diego ha replicato che “sotto la doccia Pelè era quello che ce l’aveva più piccolo”. “Mi ha sempre urtato”, ha spiegato una volta l’ex napoletano, nel caso qualcuno non avesse capito.

Stevenson vs. James

Lebron James è senza ombra di dubbio il personaggio più odiato della Nba, come dimostra l’entusiasmo con cui fu accolta la voce di una presunta e improbabile tresca della madre con un ex compagno di squadra. Il Prescelto negli anni si è fatto tanti nemici sul campo: dagli insulti sussurrati ad ogni rendez-vous da Joakim Noah al leggendario soffio in faccia di Lance Stevenson. Ma il feud più iconico è con un onomimo di quest’ultimo: DeShawn Stevenson, discreto giocatore che ha avuto il coraggio di sfidare il Re. Il duello tra i due iniziò nel 2008, quando Stevenson era ai Washington Wizards. “James è un sopravvalutato”, commentò Stevenson. In tutta risposta, il giocatore dei Cavs paragonò l’avversario a “Jay-Z interpretato da Soulija Boy”. DeShawn tre anni dopo, con la maglia di Dallas, vinse il titolo in finale contro Lebron e, per festeggiare, sfoggiò una maglietta con scritto: “Hey Lebron! How’s my Dirk (nome del compagno di squadra Nowitzki) taste?”.

Tyson vs. Lewis

Sul ring il match si concluse all’ottava ripresa, con il ko tecnico di Iron Mike. Ma la sfida tra Tyson e il campione britannico Lennox Lewis aveva riservato già il meglio, durante la conferenza stampa di presentazione. La scena fu incredibile: in mezzo ai rispettivi staff, davanti agli occhi increduli dei giornalisti, i due diedero vita a una clamorosa rissa sul palco di New York. Anche le parole, certo, non avevano aiutato. “A Lewis strapperò il cuore, voglio mangiare i suoi figli”, disse in prima battuta Mike. “Batterò Lewis, lo infilerò nel dimenticatoio. E se lui proverà anche solo ad intimidirmi, pianterò un fottuto proiettile dentro il suo fottuto cranio”.

O’Neal vs. Bryant

“Avrei voluto uccidere Kobe”. Il dettaglio della storia di disprezzo reciproco tra i due membri di una delle coppie più vincenti della pallacanestro, è stato rivelato da O’Neal nella sua autobiografia Shaq senza censura: la mia storia. Era il 2004 e, dopo tre titoli vinti, la liaison era agli sgoccioli. Nonostante le richieste di basso profilo da parte di coach Phil Jackson, Kobe aveva dichiarato in una intervista che il compagno era fuori forma e fingeva un infortunio. Le loro strade si separarono e da quel momento le punzecchiature furono quotidiane. Dopo il titolo perso da LA nel 2008, Shaq festeggiò con un rap in un club, al ritmo di “Kobe, che sapore ha il mio ca…”. Dopo il trionfo del 2010 Bryant si prese la rivincita: “Cosa significa questo anello per me? Averne uno più di Shaq. Io non dimentico nulla”, disse.

Ali vs. tutti

Le sue doti di show man erano naturali, le provocazioni anzitutto dei gesti politici. Nella sua carriera Muhammad Ali non ha risparmiato nessuno. “Ho visto George Foreman tirare di boxe con un’ombra, e ha vinto l’ombra”, disse prima di Rumble in the Jungle, aggiungendo “lui rappresenta tutto il peggio: la cristianità, l’America e la sua bandiera, le costine di maiale”. Sonny Liston, invece, “non è niente. Non sa parlare, non sa combattere”. Per questo lo avrebbe colpito così tante volte e da così tante angolazioni, “da fargli credere di essere circondato”. La vittima prediletta fu Joe Frazier. Un avversario così brutto che “le lacrime gli scorrono dietro la fronte, per non guardarlo in faccia”. Quella faccia che “andrebbe tutelata dal WWF”. Per concludere con la filastrocca canticchiata prima del leggendario match Thrilla in Manila: “It will be a killer and a chiller and a thriller, when I get the gorilla in Manila”.