Come già David Bowie nel ’76, Tricky si è rifugiato a Berlino per darsi una ripulita. «Mi piace qui, perché non conosco nessuno», ha raccontato. «Mangio buon cibo e faccio passeggiate», ma quel che più importa è che ha smesso di bere e, coi 50 alle porte, Adrian Thaws sta finalmente cominciando a prendersi cura di se stesso.
La similitudine con Bowie comunque non è buttata lì, a caso. Uno dei primi, veri profili sull’enfant prodige del Bristol sound è datato 1995 e porta la firma del Duca Bianco, che all’epoca si offrì di andare di persona nei camerini del tour di Tricky e di intervistarlo per conto di Q Magazine. Negli ultimi tre anni (cioè da quando sta a Berlino), Tricky ha avuto l’occasione di interrogarsi su molte cose: il passato in primis, gli affetti, la famiglia e pure la morte. Un’auto-analisi che gli ha permesso di tornare sui propri passi e capire – partendo da quel ’95 del successone di Maxinquaye – dove ha sbagliato e dove no.
L’amore turbinoso con Martina Topley-Bird è stato una benedizione (che gli ha dato pure una figlia), quindi a entrambi è sembrata un’ottima idea tornare dopo 15 anni a condividere lo stesso brano, When We Die, e magari farsi domande su cosa ci potrebbe essere dopo la vita. Stesso vale per il trip hop, altro elemento che gli ha dato tanto e che a maggior ragione svetta nel suo nuovo album. Ma se è vero che, parole sue, i suoi migliori dischi sono stati il risultato di sessioni distruttive di abuso di sostanze in studio, forse la migliore di tutte le scelte – ripulirsi – ha tolto la componente nichilista, pericolosa e originale dalla sua musica. Oggi Mr. Thaws e Tricky sono due persone diverse.