Le dieci regole dell’hip hop | Rolling Stone Italia
Libri

Le dieci regole dell’hip hop

Arriva in Italia "Hip hop raised me" definito dai Wu-Tang Clan "una Bibbia del rap"

È da pochi giorni in libreria la versione italiana di Hip Hop Raised Me, uno dei più acclamati – e mastodontici: è un volume gigantesco del peso di diversi chili – libri sulla cultura e la musica hip hop. Oltreoceano ha fatto molto parlare di sé: Ghostface Killah del Wu-Tang Clan l’ha definito “Una Bibbia dell’hip hop”, Drake si è fatto fotografare mentre lo sfogliava, Kanye West ha mostrato il suo apprezzamento, Chuck D dei Public Enemy ha voluto addirittura scriverne la prefazione. L’ha scritto dj Semtex, che nella sua Inghilterra è un’autorità in materia: oltre ad essere stato il dj ufficiale di buona parte della scena grime UK, da Dizzee Rascal in giù, è stato un A&R per Def Jam e conduce da sempre i programmi urban di BBC Radio. L’hip hop, come spiega nell’introduzione, lo ha cresciuto e lo ha elevato, ed è per restituire ai ragazzi di oggi quello che gli ha dato che ha scritto questo libro. Un progetto molto ambizioso, che copre un arco temporale enorme – dagli anni ’70 ad oggi, praticamente dal breakbeat alla trap – ed è corredato di interviste, fotografie rare o introvabili, discografie, schemi riassuntivi, approfondimenti e molto altro ancora: ecco dieci cose che abbiamo imparato leggendolo.

Public Enemy, Apollo, Manchester

Public Enemy, Apollo, Manchester

1. Sky’s the limit

Dj Semtex è nato con un linfangioma, gravissima malformazione dei linfonodi: ha vissuto buona parte della sua infanzia in ospedale, fino all’amputazione del braccio destro ad appena tredici anni. L’hip hop gli ha insegnato che i nostri limiti sono solo mentali: il fatto di non avere un braccio non è un buon motivo per non fare il dj professionista, ad esempio.

2. Chi fa da sé, fa per tre

Perché aspettare che qualcuno ti offra un contratto, se sai già di essere il più forte di tutti? La lezione di Jay-Z è emblematica: scaricato dalla sua prima label dopo appena un mixtape, ne ha fondata una (la Roc-A-Fella) per poter pubblicare il suo album di debutto. Oggi è a capo di un impero. Per la cronaca, oggi l’etichetta che lo aveva mollato è fallita.

3. Crederci sempre, arrendersi mai

Chi era Kanye, prima di diventare Kanye? Un produttore un po’ geek che ha il sogno di rappare. Nessuno pensa che ce la farà, e anche la sfiga si accanisce su di lui: dopo un incidente in cui si rompe la mascella resta KO per mesi. Ed è allora che scrive Through the Wire, la sua prima hit, che parla proprio di come quell’incidente gli ha cambiato la vita.

4. Un beef non è una battle

C’è differenza tra gli insulti che volano sul palco tra rapper e rapper e le faide che hanno portato alla morte alcuni tra i migliori liricisti di sempre. Tupac e Biggie si sono spinti troppo oltre con gli attacchi personali, portando la situazione a una tragica escalation. Ma Nas e Jay-Z hanno imparato la loro lezione: scazzare sì, ma a suon di punchline.

5. L’abito fa il monaco

Sneakers, cappellini, fibbie, giubbotti personalizzati, baggy jeans: non sono solo vestiti, sono dichiarazioni d’intenti. E soprattutto, hanno aiutato centinaia di giovani designer emergenti del ghetto a diventare qualcuno, a farsi valere tramite la loro creatività. Anche questo è hip hop.

6. Eminem è IL rapper bianco

Eminem è universalmente considerato uno dei più grandi di sempre e può permettersi di fare quello che vuole, compreso usare la parola n***a ogni tanto. Ma nessun altro rapper caucasico può fare lo stesso, e la sua supremazia rovina la piazza a tutti gli altri: finché esisterà lui, nessun bianco riuscirà a farsi prendere altrettanto sul serio.

7. Il west non è così wild

Pensate che la selvaggia west coast sia l’area più politicamente scorretta per l’hip hop? Sbagliato. Vedi alla voce 2 Live Crew, bannati dalle radio per canzoni al limite del pornografico, o Irv Gotti, la cui etichetta è stata accusata di riciclare denaro sporco per un traffico di droga: la storia dell’hip hop è piena di scandali da scoprire.

8. Prima le signore

Da Lauryn Hill, prima a ricevere 11 nomination e vincere 5 Grammy nello stesso anno, a Eve, prima ad arrivare in testa alla classifica con due album consecutivi, fino a Queen Latifah, prima rapper a vincere un Oscar, e a Nicki Minaj, la prima a fare 20 milioni di views in 24 ore: le donne nel rap sono poche, ma ci sono e macinano record su record.

9. Largo ai giovani

Si stava meglio quando si stava peggio? Mica tanto: anche in questi nuovi anni ’10 esistono rapper in grado di competere alla pari con le leggende del passato. Come Kendrick Lamar, Tyler the Creator, A$ap Rocky, J Cole, Vince Staples, Joey Bada$$. L’importante è non dormire sulle proprie certezze.

10. L’hip hop è politica

Lo dicevano i Public Enemy negli anni ’80, lo ribadisce Eminem oggi, ma soprattutto lo ha dimostrato l’elezione di Barack Obama nel 2008: quando l’hip hop si unisce per dare voce a un’istanza politica, nulla può fermare la sua corsa. E in un periodo travagliato come quello della presidenza Trump, leverà la sua voce ancora più in alto.