David Sye è la faccia pop dello yoga. Ha creato un metodo di insegnamento, YogaBeats, che si basa sulla musica e ha lo scopo finale di risolvere i conflitti mondiali. È ipertatuato, magrissimo e con una storia pazzesca alle spalle, che passa per la guerra in Bosnia e arriva in tutto il mondo, soprattutto dove c’è bisogno. Sye è ospite dello Yoga Festival di Milano, in questi giorni, per una serie di appuntamenti decisamente sopra le righe. Gli chiedo scusa perché sono stato un giorno in Russia, poco per godermela ma abbastanza per prendermi un raffreddore. Ma la sua reazione è l’opposto. «Spesso le persone sono addormentate nella vita, io, invece, sono eccitato! Più esperienze fai, meglio sarà la tua vita». Ed è l’inizio di un confronto con un “liberatore”.
Hai costruito la tua vita sulla “quantità” di esperienze…
Fuck yeah! Mi sono sempre esaltato di fronte alle cose da fare. Mi piace prendere dei rischi, quello che faccio lo faccio perché mi esalta, mi diverte. Alla gente ormai piace guarda i reality show perché non c’è realtà nella loro vita. Ma a me non interessa. Sono stato per anni in Bosnia a lavorare con chi si opponeva a Milosevic, ma nessuno ne parlava perché non era politicamente corretto. Ma non mi interessa, my payoff is me, sono io la mia ricompensa.
Dovrebbe essere così per tutti secondo te?
Certo, ma è troppo pericoloso adesso per la gente. Ha troppa paura. E poi pensano solo a loro stessi. Ci sono esplosioni dovunque ma quando succede qualcosa pensi “Ok, qui stiamo bene, siamo fortunati”. È così che vive l’animale umano, è mosso dalla paura, non diamo peso alle buone notizie, commentiamo solo quelle cattive. E pensiamo di farci svegliare le coscienze da questi fake guru che girano per il mondo raccogliendo soldi.
Lavorano sulla paura come i terroristi?
Sempre. Io sono stato con i soldati nel mezzo della guerra, abbiamo bevuto e fatto festa fino all’alba. E sai perché? Perché eravamo vivi. Le paure sono il miglior controllo del mondo. E la religione è la dimostrazione. Non ce n’è una giusta o sbagliata, è solo un modo per imporre controllo, per far provare paura alle persone. È una via veloce per arrivare a una finta verità, fa credere alle persone delle cose che non hanno logica. E succede anche a me.
In che senso?
La gente mi ferma e mi dice “Sai 10 anni fa mi hai detto una cosa che mi ha cambiato la vita”. E io non ho idea di cosa stia parlando.
Sono loro che lo interpretano?
Prendono quello che vogliono sentire, ed è ok. Quello che vorrei fosse chiaro è che io non sono interessato allo yoga. È una via. È la classica cosa della gente che guarda il dito mentre punti alla luna. Io voglio aiutare le persone ad essere migliori. E il mezzo che utilizzo è lo yoga. Ma quello che non sopporto è chi lo prende come una malattia. “Faccio yoga, quindi non posso mangiare queste cose”, oppure “Faccio yoga quindi devo alzarmi all’alba”. E perché? Chi lo dice? Pensa alla tua vita, altrimenti diventa una malattia.
Insegni in un modo molto personale. Come hai iniziato?
Ho iniziato come insegnante di yoga ashtanga, a un certo punto sono stato invitato in India da Pattabhi Jois. Ma mio padre si è opposto, mi ha detto “Ti faccio conoscere io una persona, qui, a Londra”. Mio padre era una persona molto rigida, se decide una cosa bisogna fare quello che dice. Quindi ho conosciuto questa Clara Buck, un’ungherese. Mi ha fatto capire che lo yoga era solo un mezzo, volevo diventare una persona migliore e ho preso lo yoga come via verso questo miglioramento. Con lei ho scoperto tante cose. Non era impressionata da nessuna delle mie idee, neanche dalle più estreme. Mi ha fatto sentire un cazzone! Sono stato con lei per tutta la vita. E alla fine, di lei, mi porto dietro questo insegnamento “Break the rules”.
Mettiti alla prova, ma sii sempre te stesso. Esagera, non sei nato per essere un altro
E cosa ha a che fare con il modo in cui insegni?
Dare to be how you are, questo mi ha detto. Mettiti alla prova, ma sii sempre te stesso. Esagera, non sei nato per essere un altro, ma solo te stesso. Devi avere le palle per farlo.
Quando è arrivata la musica?
È merito del karma. Sono stato chiamato in Bosnia, ho messo su una stazione radio a Belgrado. Ho sempre avuto un rapporto di amore con la musica, sono riuscito a raggiungere un sacco di persone per far registrare un messaggio contro la guerra, da Bjork a Lemmy, da Bono a James Brown. Sapevo fare questo e insegnare yoga. A un certo punto sono rimasto senza soldi, non potevo mangiare, non avevo più il passaporto. Allora mi sono messo a insegnare yoga in cambio di cibo. E l’ho fatto con la musica. Per me era come una droga. Ho fatto una lezione e ho visto che aveva lo stesso effetto anche su altre persone. Allora ho fatto un patto con il cielo: se fossi sopravvissuto, sarei andato avanti a fare la stessa cosa per sempre.
Come hai esportato quello che insegnavi in guerra nel mondo “occidentale”?
Ho capito che siamo tutti in guerra. È più sottile. La gente vive per il weekend, per le vacanze. Per pagare le bollette. Fa schifo vivere così! Sai quando le persone iniziano a essere davvero loro stesse? Quando si ammalano. Ho lavorato per anni con le vittime dell’Aids, che mi dicono “Ho prenotato quel viaggio che avrei sempre voluto fare”. E finiscono con il vivere più a lungo.
Ma è sempre legato alla paura?
Sì, la società ci programma così. Il nostro software è bellissimo, vive di amore, ma è programmato da una società che ci spinge alla schiavitù. Io non sono un insegnante di yoga, sono un liberatore. Voglio liberare me stesso e magari fare lo stesso cone le persone. Sono un iconoclasta, non credo alla società com’è ora.
Come fai a liberare le persone?
Inizio creando una famiglia, usando il terrore ma con dello humor. Pongo tutti sullo stesso livello, faccio schiaffeggiare tra loro le persone che vengono ai miei seminari. Deve essere un gruppo unito, altrimenti si va verso un suicidio di massa. La forza della società è essere un gruppo, contro le divisioni della paura. Ci hanno programmato per un sacco di cose, ma non per stare bene. Having a good time, questo è quello che dobbiamo imparare.
Senza fidarci dei santoni…
O della religione. Guarda, sono stato invitato a fare un incontro a Londra con Amma, la hugging mother. Le ho chiesto se volesse venire nel Middle East, nella guerra, a portare conforto, a portare amore. Sai qual è stata la risposta? Un suo collaboratore mi ha chiesto quale fosse il livello di sicurezza in quelle zone. Se è una santona, di cosa dovrebbe preoccuparsi? Bisogna andare nei luoghi in cui c’è davvero bisogno, non solo a Londra, Parigi, Milano… altrimenti puoi anche buttare tutto nel cesso.
Anche perché non serve sempre fare gesti eclatanti. Basterebbe poco, no?
Ho intervistato James Brown contro la guerra in Sarajevo. Mi sono infilato in un taxi e ho inseguito la sua limousine fino all’areoporto. La tassista mi ha detto “Cazzo, non ci credo. Oggi sto da schifo, è un momento terribile della mia vita, ma sto inseguendo James Brown con il mio taxi!”. Quando ci siamo fermati l’ho raggiunto, ho registrato il messaggio di pace e gli ho raccontato la storia della tassista. Le è corso incontro per abbracciarla. Questo è un guru. Lui ha fatto qualcosa per rendere la vita migliore alle persone. Anche solo a una.