Nel backstage di Major Lazer al Tuborg Open Festival di Mosca la situazione è più tranquilla di quella che si potrebbe immaginare. La massima trasgressione è Jillionaire che si riempie la bocca con una manciata di pop corn e Walshy Fire che, visto che sono italiano, ricorda che i Sud Sound System hanno regalato a Major Lazer uno dei migliori dubplate della Storia.
Da quando sono arrivati in cima alle classifiche con Lean On, nel 2015, hanno sfondato le barriere tra underground e mainstream portando il loro stile electro-dancehall a conquistare il mondo. «Non siamo cambiati noi, è cambiata la musica. Siamo ancora lì a fare le nostre robe strane (l’esordio è del 2009 con il singolo Hold the Line, nda), ma intanto al numero 1 di Billboard c’è Bodak Yellow, non l’ultima di Taylor Swift.
Il pop è in declino, da almeno cinque anni, e ha dovuto rivolgersi all’underground». Complice anche lo streaming, racconta Diplo, che può trasformare produttori sconosciuti e senza una struttura alle spalle in fenomeni. E pensare che loro all’inizio non si facevano neanche vedere, mandando in prima fila un gigantesco militare a fumetti, Major Lazer. «Ora è stato mandato in missione, in una insta-missione. Con i social sono cambiate un sacco di cose, ma tornerà», dice Diplo. «Vorremmo continuare a lavorare in quel senso, serve per il nostro brand. Mentre è stato accantonato abbiamo promosso noi stessi, è stato comunque utile per far finire le nostre facce in primo piano».
Ma è anche figlio della nuova missione del collettivo Major Lazer, che ha preso una nuova direzione negli ultimi anni. Da progetto in stile studio underground, con una coppia di producer (Diplo e Switch, i fondatori del progetto) innamorata dei suoni dancehall, si è trasformato in un trio di festaioli giramondo e un po’ cazzoni. «Il nostro scopo principale è far sentire bene le persone, entrare in contatto con loro». Dal vivo e sui social, che hanno avuto – e hanno ancora – una grande importanza. «Tutti miei primi contatti sono stati coltivati su MySpace», dice Diplo. «Adesso è Jillionaire che tiene le fila, se devi sapere chi è il cantante più figo in Russia te lo dice in un secondo». «Non è importante diventare amici», dice Jillionaire. «L’importante è mantenere una comunicazione, anche andando oltre la musica. Capire cosa fanno, quali sono i posti che frequentano: ti serve a tenere la mente aperta».
E l’internazionalità è un fattore importante per il collettivo, visto che passano di collaborazione in collaborazione, con grandi artisti o nuove scoperte. «Dobbiamo trarre vantaggio da ogni possibilità, se siamo in Giamaica e possiamo registrare con un artista locale, lo facciamo. Così è capitato con Vybz Kartel in uno dei nostri primi pezzi (Pon de Floor, nda). Ma magari poi ci chiamano Justin Bieber o Ed Sheeran, per chiederci di collaborare. E dopo ancora possiamo andare a cercare un artista africano. È la libertà, la parte essenziale».