Dice di aver avuto una “emotività burrascosa” che le ha fatto capire, fin da ragazzina, che il suo rapporto con i sentimenti non era poi così normale. «Tutti gli adolescenti provano delle emozioni che non riescono a spiegare a parole, ma per alcuni sono più forti degli altri», dice. «Non avevo filtri verso le cose che sentivo, i miei compagni invece erano un pochino più misurati, avevano già quell’atteggiamento risoluto che permetteva loro di essere ben inseriti nel gruppo.
Quando è venuto il momento di decidere se mettermi una maschera o meno, ho scelto un percorso diverso». Come ogni supereroe che si rispetti – da Spider-Man fino a Hulk – Federica Abbate è riuscita a trasformare quello che molti potrebbero considerare un limite nel suo punto di forza.
Ha iniziato a scrivere canzoni – prima per altri e ora per se stessa – e nel pop italiano è arrivata una ventata d’aria fresca. «L’Italia è sempre stato un Paese un po’ lento per quanto riguarda la musica. È un’economia molto delicata, dove c’è tanta paura di rischiare e ci si deve confrontare con abitudini difficili da sradicare. Ora iniziano a esserci strumenti, Spotify in primis, che permettono al pubblico di scoprire cose nuove e di scegliere la musica che gli piace e non solo quella che viene propinata dalle radio. Pian piano un cambiamento ci sarà».
Fiori sui balconi è il singolo che inaugura la sua carriera da cantautrice dopo anni passati a fare l’autrice per altri, da Arisa fino a Baby K e Francesca Michielin. Con una melodia dal sapore internazionale e la produzione di Takagi & Ketra – hitmaker pure loro – ha confezionato una bombetta pop che piace molto alle radio e sta ottenendo ottimi risultati in streaming.
Le domando perché non si sia decisa prima: «Il punto di svolta è arrivato con la melodia di In radio scritta nel 2015 per Marracash», risponde. «Quando io e Marra ci siamo messi a scegliere la voce femminile, il passaggio dal “a chi la diamo” al “cantala tu” è stato breve. Ho iniziato a provare un senso di unione tra la mia voce e la mia scrittura. Ho capito che quelle erano le mie canzoni, era la mia verità ed era giusto che fossi io a dirla».
Ma un’autrice non si stanca mai dei suoi stessi successi, a maggior ragione di un tormentone come Roma – Bangkok, certificato nove volte disco di platino? «È strano, dopo un po’ ti distacchi. Non le senti nemmeno più tue, sono di chi le canta, o meglio, sono del pubblico. È la cosa più bella del pop: è di tutti».