Ridley Scott è un mago. E con Tutti i soldi del mondo è riuscito davvero a tirare fuori il coniglio dal cilindro: il suo ultimo film è un thriller su un rapimento, sì, ma rischiava soprattutto di diventare la prima vittima in pellicola dell’era degli scandali sessuali. Tutto era pronto per il debutto in sala della versione cinematografica della storia dell’uomo più ricco del mondo, John Paul Getty, costretto a pagare il riscatto per liberare il nipote 16enne Paul. Poi, un mese prima dell’uscita, il protagonista Kevin Spacey è stato travolto da una serie di accuse a sfondo sessuale.
Incapace di gettare la spugna – o di accettare un probabile disastro commerciale – Scott ha scritturato il grande Christopher Plummer e, in solo nove giorni di riprese ($10 milioni di extra budget) ha girato una seconda versione di tutte le scene con Spacey, riuscendo allo stesso tempo a garantire l’uscita del film entro la fine dell’anno. Impossibile? No. Impossibile è quello che Scott, 80 anni e una filmografia con titoli come Alien, Il Gladiatore e The Martian, mangia a colazione per avere la forza di gestire l’impresa.
Quindi, benvenuto Tutti i soldi del mondo: Plummer si è preso il ruolo di Getty ed è riuscito a mostrarci perché tutti ricordano il suo personaggio come un miliardario dal cuore di ghiaccio. Non sapremo mai come se la sarebbe cavata Spacey, ma Plummer è riuscito a dare profondità al ruolo basandosi esclusivamente sulla sceneggiatura di David Scarpa, a sua volta ispirata al romanzo di John Pearson.
I dettagli del rapimento sono raccontati con efficienza sistematica. È il 1973, e per le strade di Roma il giovane Paul Getty III (Charlie Plummer, ma non c’è nessuna parentela con Christopher) viene rapito da alcuni uomini della mafia calabrese, tra i quali spicca lo stranamente simpatico Cinquanta (l’eccellente Romain Duris). Il riscatto è fissato a $17 milioni, e tocca alla madre del ragazzo Gail – Michelle Williams, che si è battuta con valore per esprimersi nonostante un accento incerto e un ruolo scritto pigramente – convincere il miliardario a pagare. Il padre del rapito (e suo ex-marito), John Paul Getty II (Andrew Buchan), è da qualche parte in Marocco a drogarsi con Mick Jagger. E quando chiede a Getty senior il denaro, riceve solo un netto rifiuto.
L’avaro e anziano protagonista è irremovibile. Rifiuta di trattare con i criminali e sostiene che se pagasse i 17 milioni per Paul, allora tutti i suoi altri nipoti (14, per essere precisi) rischierebbero di essere sequestrati da qualche imitatore. Quello che fa, invece, è assegnare il caso a Fletcher Chase (Mark Wahlberg), un ex-agente della CIA diventato suo faccendiere. Chase sa benissimo che il giovane Getty si vantava con gli amici di poter estorcere denaro dal nonno, e, nonostante Gail cerchi in tutti i modi di convincerlo ad agire – suo figlio è sparito da cinque mesi -, non fa nulla fino a quando non riceve un incentivo: l’orecchio mozzato del ragazzo.
Ridley Scott non ha perso niente del suo talento nel girare storie ricche di suspence: l’appostamento finale è una lezione di cinema, e non c’è un momento in cui Tutti i soldi del mondo non dimostri una regia viva e viscerale.
Plummer sprofonda nel suo personaggio, un uomo che preferisce di gran lunga la compagnia della sua collezione d’opere d’arte – che poi verrà ospitata nel Getty Museum – a quella della sua famiglia: intrappolato nella sua personale prigione fatta di ricchezza e sospetto, Getty è davvero una figura pietosa e terrificante. E Plummer lo interpreta con un umorismo acido, emozioni soffocate e abilità magistrale. Nonostante Tutti i soldi del mondo sia la storia superficiale di un dramma accaduto davvero, Ridley Scott ne ha fatto un viaggio grandioso.