«Quando ho saputo che partivano contemporaneamente due progetti sul rapimento Getty, il film di Ridley Scott e la serie tv di Danny Boyle, ho chiamato i miei agenti negli Stati Uniti e gli ho chiesto di aiutarmi a fare un provino: ho registrato un self-tape e l’ho mandato sia negli USA che in Inghilterra».
Il destino poi ha voluto che Giampiero Judica interpretasse Sgrò, il braccio destro del boss dell’ndràngheta, in Tutti i soldi del mondo: «C’erano un premio Oscar da una parte e uno dall’altra, in ogni caso sarebbe finita benissimo».
Milanese con sangue siciliano, Judica vive tra gli Stati Uniti e l’Italia: «Mi sono formato all’Actors Studio di New York, ho conseguito un master in recitazione e regia, ho fatto tantissimo teatro negli USA e poi, per una serie di vicissitudini, ho iniziato a lavorare parecchio in Italia tra teatro, cinema e tante serie tv. Però i primi progetti che ho fatto qui erano tutti e due in inglese: Ferrari di Carlei con Favino e Castellitto, dove interpretavo Nuvolari, e Augusto con Peter O’Toole e Charlotte Rampling».
Ma la vera svolta arriva con il ruolo nell’ultima stagione di Boardwalk Empire, la mitica serie sul proibizionismo con Steve Buscemi: «La mia carriera è cambiata anche a livello di percezione degli americani nei miei confronti, perché fare una serie HBO è una sorta di attestato di qualità».
Judica interpretava Salvatore Maranzano, mafioso con il pallino della storia romana: «Un personaggio molto divertente, stimolante e caratterizzato». Hai conosciuto Martin Scorsese, che produceva lo show? «Quando mi hanno scelto a Los Angeles, mi hanno detto che ero piaciuto a tutti, ma che la decisione finale l’avrebbe presa Scorsese dal set a Taiwan, dove stava girando Silence. Poi sono riuscito ad incontrarlo di persona solamente alla prima».
«L’altra cosa buffa è che ad ogni puntata non sapevi se avresti recitato in quella successiva: indirizzavano la storia a seconda che il tuo personaggio funzionasse o meno. Direi che è andata alla grande, visto che sono arrivato al penultimo episodio!». Dopo Boardwalk, Judica viene preso in scuderia dalla stesso management di Daniel Day-Lewis e di Penelope Cruz: «Anche se non posso più dire di avere lo stesso manager di Day-Lewis, perché ha smesso di recitare» scherza Giampiero.
Di Ridley Scott l’ha colpito «il grandissimo controllo del set, è davvero un direttore d’orchestra incredibile. Ha compiuto 80 anni durante le riprese, spesso giravamo fino alle 5 di mattina e lui era sempre padrone di tutto, ti dava molta tranquillità, non era mai teso. È molto legato alla geometria delle immagini e quindi dal punto di vista interpretativo si fida di quello che gli attori gli danno. Sgrò, il mio personaggio, è forse il più cattivo e cruento del gruppo: nella scena del taglio dell’orecchio del ragazzino sono l’unico che ha quasi un’aria soddisfatta. Scott voleva che fossimo tutti impressionati, io gli ho suggerito questa variante e lui mi ha detto di provare, poi gli è piaciuto: ha quest’aura intorno ma è curioso dei suggerimenti degli attori».
Dopo la decisione di sostituire Kevin Spacey, travolto dallo scandalo, con Christopher Plummer, Giampiero non è dovuto tornare sul set perché non aveva delle scene con l’interprete di John Paul Getty: «Uno dei motivi per cui sono stati in grado di rifarle era che la maggior parte delle sequenze di Spacey (e poi di Plummer) non erano mai di gruppo, ma sempre con Michelle Williams o con Mark Wahlberg».
Sul set hai incrociato Spacey? «Pochissimo perché faceva diverse ore di trucco la mattina e poi era molto riservato. Praticamente non abbiamo avuto modo di interagire con lui se non alla festa finale, ma in diversi mi hanno raccontato che era una persona disponibile. Io l’ho sempre seguito: rispetto a quello che è successo ognuno si fa la sua opinione, alcuni aspetti della sua personalità li avevo anche intuiti vivendo negli USA e sentendo le voci, ma poi quello che è uscito è ben diverso. Era comunque troppo presto quando abbiamo girato il film per avere un sentore di quello che stava per succedere».
Qual è la differenza tra una produzione italiana a una hollywoodiana? «Negli Stati Uniti vige l’idea per tutti, dal runner al regista, che la cosa più importante sia l’inquadratura. Quindi da attore sei al centro e godi del privilegio di avere l’attenzione di tutti, non perché sei trattato da divo ma semplicemente perché sei l’estensione del lavoro di tutti sullo schermo. In Italia è più “ognuno per sé”. E poi negli USA c’è un grado di umiltà sorprendente: credo che nasca dal fatto di considerare questo lavoro come un mestiere alla stregua di qualunque altro».
Il progetto di Judica è quello di continuare a muoversi tra l’Italia e gli Stati Uniti con la massima libertà: «Fare dei progetti in contemporanea per me è il massimo, è quello che mi sono posto come obiettivo e sembra che il mio desiderio stia diventando sempre più realtà». Nei mesi scorsi ha recitato nel film tratto dal libro di Sofia Viscardi, Succede, diretto da Francesca Mazzoleni, e in una produzione americana, The Wisdom Tooth, opera prima di Gregorio Sassoli, che ha lavorato anche con Paolo Sorrentino e che si è formato e vive negli Stati Uniti.
Scorsese l’hai conosciuto, con Scott ci hai lavorato: qual è il sogno adesso? «Paul Thomas Anderson, appena me l’hai chiesto mi è venuto in mente lui».