Iubal è un sestetto nato ad Aosta, cresciuto a Torino, e che in quindici anni ha suonato in grandi festival estivi e piccoli circoli ARCI; prestigiosi teatri e centri sociali occupati; feste patronali, compleanni e matrimoni; manifestazioni antifasciste e sagre della porchetta.
Sei scugnizzi che però, dopo anni di feste e schitarrate, sentono che è arrivato il tempo di appendere la fiaschetta al chiodo. A marzo infatti il sestetto si esibirà nel suo ultimo concerto. Iubal quindi non è soltanto il terzo album dell’ensemble, è proprio l’ultimo. Motivo in più per prepararsi a festeggiare il pensionamento in grande pompa. Qui sotto trovate un’ottima playlist che i ragazzi ci hanno mandato per capire meglio com’è nato il disco.
1. “Shofukan (We Like It Here)” di Snarky Puppy
Gli Snarky Puppy ci mettono tutti abbastanza d’accordo. I suoni, gli arrangiamenti, il fraseggio: funziona tutto. Li abbiamo sentiti dal vivo a Milano nel 2016. Virtuosi che si divertono come bambini. Il groove è contagioso. Siamo usciti dal concerto elettrizzati, tanto che dieci giorni dopo siamo andati a Ginevra a riascoltarli.
2. “Live is Life” di RotFront
RotFront invece ci piacciono perché sono ignoranti. Loro sono di Berlino ma dicono di essere un «Emigrantski Raggamuffin Kollektiv». Sono tedeschi, ungheresi, ucraini. Mescolano il klezmer con la dancehall. Non sono dei puristi, amano le commistioni. Mettono melodie dell’Europa centro-orientale su beat giamaicani. Ovvio che la gente poi balla.
3. “Les Mots D’amour” di Debout Sur Le Zinc
Questo è un pezzo molto romantico, loro sono così. Romantici, ma non retorici. In Francia la canzone d’autore ha una tradizione nobile e anarchica allo stesso tempo. I Debout ne sono i degni eredi. Ci interessano i loro dischi perché far uscire bene insieme, con naturalezza, la voce, la chitarra elettrica e il clarinetto o il violino non è facile. Loro lo sanno fare.
4. “Revolution” di Dub Inc
Il nostro ultimo album ha più influenze dub, reggae e ska dei precedenti. Forse anche a causa di questo disco dei Dub Inc che abbiamo ascoltato durante la produzione. Sezione ritmica muscolare e due voci fuori dal comune: quella cavernosa di Aurélien «Komlan» Zohou e l’inimitabile Hakim «Bouchkour» Meridja che canta in francese e in lingua cabila. Dal vivo meritano ancora di più.
5. “Move It” di Balkan Beat Box
È un pezzo a cui siamo legati. Normalmente è la cerniera fra i nostri live e il DJ-set che segue. I Balkan Beat Box hanno aperto una strada fatta di elettronica e gypsy punk, poi molti li hanno seguiti. La qualità dei campioni, la ruvidezza del sassofono sono gustosi. Meriterebbe andare in qualche club di New York solo per sentirli giocare in casa. E per ballare.