Agli Oscar tutto è andato come previsto, anche troppo. La Notte delle Stelle è sempre magica sì, ma la prima edizione degli Academy del post-Weinstein è stata (giustamente) sobria, significativa e, diciamolo, anche un po’ noiosetta. Ha vinto la diversità, è vero, sono state abbattute della barriere (si è parlato dei DREAMers, una categoria di immigrati irregolari) ma sulla stragrande maggioranza dei premi non c’è stata nessuna sorpresa: le quattro (sacrosante) statuette agli attori erano telefonatissime, quella per la regia, meritatissima, a Guillermo del Toro pure. Quattro premi, tra cui i due più prestigiosi a La forma dell’acqua, tre (tutti tecnici) a Dunkirk, due a Tre Manifesti, L’ora più Buia, Blade Runner 2049 e Coco.
Lasciati a casa gli abiti neri (il red carpet è stato coloratissimo), Time’s Up questa volta ha schierato Salma Hayek, Ashley Judd e Annabella Sciorra per presentare un potente (ma anche un po’ retorico) cortometraggio sulla parità di genere a Hollywood. Chiamami col tuo nome ha vinto miglior sceneggiatura non originale. Tutto bene, insomma, nonostante Faye Dunaway e Warren Beatty. Ma nessun colpo di genio. Tranne qualcuno, vedi alla voce Frances McDormand.
La sobrietà tagliente di Jimmy Kimmel
Jimmy Kimmel non ha fatto fuochi d’artificio, le battute ripetute su giovani (Chalamet) e vecchi (Plummer) agli Oscar ‘anche no’, ma ha assestato un po’ di colpi davvero buoni. Si parte con “Oscar tiene le mani dove tutti le possono vedere, non dice parolacce e non ha neanche un pene, è il simbolo di quello che abbiamo bisogno in questo Paese” e con, parlando di La forma dell’acqua, “Gli uomini hanno fallito a tutti i livelli perché le donne hanno iniziato a uscire con i pesci”. E Weinstein l’abbiamo archiviato.
Poi è passato a Black Panther e a Wonder Woman: “Ricordo un periodo in cui gli studios non credevano che una donna o una minoranza potessero reggere un film di supereroi e la ragione per cui lo ricordo è perché era marzo dell’anno scorso”. Non è mancato l’accenno alla differenza di retribuzione tra Mark Wahlberg e Michelle Williams per Tutti i soldi del mondo e qualche parola per Trump e soci: “Non facciamo film come Chiamami col tuo nome per soldi”, ha detto Kimmel “Li facciamo per far arrabbiare Mike Pence (vicepresidente degli USA, nda)”. Insomma il buon Jimmy una sagace frecciatina non l’ha negata a nessuno. Sobriamente politically uncorrect.
James Ivory e la camicia con la faccia di Timothée Chalamet
Aveva già vinto quando si è presentato sul red carpet indossando la camicia con la faccia di Timothée Chalamet nei panni di Elio Perlman in un fotogramma di Chiamami col tuo nome. Poi James Ivory è salito sul palco per ritirare il premio per la miglior sceneggiatura non originale del film di Luca Guadagnino. Ed è partita subito la festa, perché in qualche modo il cielo sopra il Dolby Theatre si è colorato un pochino d’azzurro.
Ivory è il vincitore di Oscar (parliamo dei premi competitivi, non di quelli alla carriera) più anziano di sempre. Timothée lo aiuta a raggiungere il palco (Awww!). “Ringrazio l’autore del romanzo su cui si è basato il mio lavoro, André Aciman. Gay o etero, siamo passati tutti attraverso l’esperienza del primo amore. Vorrei ringraziare Luca Guadagnino e la sua sensibilità di regista”. Ivory: 89 anni ed essere la quintessenza del cool.
Santa Frances da Ebbing
Ad un certo punto il sonno stava prendendo il sopravvento (erano quasi le 6), finché non è arrivata Santa Frances da Ebbing che ha svegliato tutti: prima si è commossa ringraziando il marito Joel Coen e Pedro, il figlio che hanno adottato insieme, e poi ha dato alla serata il grande momento che ci voleva: ha appoggiato l’Oscar per la miglior attrice protagonista sul pavimento e ha chiesto a tutte le donne nominate di unirsi a lei, a partire dalla Streep: “Dai Meryl, se lo fai tu, lo faranno anche le altre”.
E con le candidate di tutte le categorie in piedi ha continuato: “Guardatevi intorno perché tutte abbiamo storie da raccontare e progetti che hanno bisogno di finanziamenti. Ma non cercate di parlarne con noi alle feste stasera, ma piuttosto prendete un appuntamento in ufficio tra un paio di giorni. Stasera voglio dirvi due parole: ‘inclusion rider’”. Dopo la cerimonia, la stessa McDormand ha spiegato che si tratta di “una clausola nel contratto quando si negozia un film, che permette di chiedere almeno il 50% di diversità non solo nel cast ma anche nella crew”.
PS. A presentare il riconoscimento alla miglior attrice non c’era, come voleva la tradizione, il vincitore dello scorso anno Casey Affleck (che ha deciso di non presenziare per le accuse di molestie nei suoi confronti) ma due premi Oscar come Jodie Foster (in stampelle) e Jennifer Lawrence. Dopo che la Foster ha scherzato sul fatto che fosse stata la Streep a ridurla così in stile I, Tonya, la Lawrence ha spiegato: “È un nuovo giorno a Hollywood con nuove sfide per tutti noi”. Con un cenno al film The Beaver del 2011, Jennifer ha sottolineato che Jodie le ha dato fiducia per uno dei suoi primi lavori: “Mi ha ispirato ogni giorno da allora”.
Loving Guillermo
Come si fa a non voler bene a Guillermo del Toro? Vince la statuetta per la miglior regia e abbraccia il compatriota Gael Garcìa Bernal (W Mexico!), poi sale sul palco e dice: “Io sono un immigrato come Alfonso (Cuaròn), Alejandro (Iñárritu), Gael (Garcia Bernal), come tutti i miei compagni, come Salma (Hayek). Ho vissuto 25 anni in un Paese, penso che la cosa più bella che fa questa arte sia abbattere le frontiere. La Fox è venuta ad ascoltare un tipo strano che raccontava storie strane: li ho convinti a fare con me questa fiaba sul dio di un fiume e una donna muta”.
E quando La forma dell’acqua conquista anche miglior film cita Spielberg: “‘Ricordati che tu fai parte di un’eredità, di un lignaggio di registi’, mi ha detto. E voglio ringraziare i giovani registi che ci stanno mostrando come fare le cose in tutto il mondo. Ero un bambino, guardavo i film in Messico e non pensavo che sarebbe successo. A tutti quelli che sognano di usare l’immaginazione per raccontare storie reali, di questo mondo: potete farlo. La porta è aperta. Spingetela ed entrate”.
Poi si è fatto dare il cartoncino da Warren Beatty per controllare di aver vinto davvero. Quello a del Toro è il quarto Oscar in 5 anni che va ad un regista messicano, dopo la statuetta a Cuarón e le due a Iñárritu.
Finalmente Sam Rockwell
Apriamo la categoria dei ‘finalmente’ con Roger Deakins, che dopo 14 nomination, conquista l’Oscar per la miglior fotografia con Blade Runner 2049. E non poteva essere altrimenti. L’altro grosso ‘finalmente’ è per Sam Rockwell, che ora per i profani passerà dall’essere “quel tizio” a “quel tizio che ha vinto l’Oscar per Tre Manifesti”. Scherzi a parte, applausi per Rockwell: “Sono pronto per il cronometro”, ha esordito riferendosi alla sfida lanciata da Kimmel, che ha messo in palio una moto d’acqua per chi avesse fatto il discorso più breve.
Poi ha continuato ringraziando i nonni e i genitori che gli hanno insegnato ad amare il cinema, “chiunque abbia mai guardato un manifesto” e i colleghi Woody Harrelson ma soprattutto “Frances McDormand, senza di lei non sarei mai riuscito a fare questo”. Sam Rockwell è uno dei pochi uomini sulla terra in grado di far commuovere l’attrice (marito e figlio a parte). E alla fine dedica l’Oscar a “my old buddy, Phil Hoffman”. Meraviglioso.
Gli Oscar tra la ggente
Dopo che lo scorso anno aveva portato la ggente agli Oscar, questa volta Kimmel ha portato gli Oscar tra la ggente. Ha preso un gruppetto capitanato da Guillermo del Toro (con tanto di bandierina da capo tour), Gal Gadot, Armie Hammer e tanti altri, e li ha introdotti nel Chinese Theatre pieno di pubblico. Tra il regista de La forma dell’acqua che distribuiva panini giganti e l’attore di Chiamami col tuo nome che sparava hot dog, mancava solo Ellen con la pizza.
La musica c’è
Eddie Vedder canta Room at the top di Tom Petty per il tradizionale In memoriam, l’omaggio alle grandi figure del cinema scomparse lo scorso anno. E mentre scorrono le immagini di Jonathan Demme, Roger Moore, Sam Shepard, Jeanne Moreau, George A. Romero, Luis Bacalov, sono brividi.
Sufjan Stevens si fa accompagnare da St. Vincent, Moses Sumney e Chris Thile dei Punch Brothers per una performance intima di Mystery of Love, la canzone scritta per Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, nominata all’Oscar. Ed è subito magia, nonostante la giacca.
Kobe Bryant ha vinto un Oscar
Sì, avete capito bene, Black Mamba nella sua carriera potrà vantare anche un Academy Award. Lo ha conquistato per il miglior corto d’animazione, titolo Dear Basketball, tratto dalla sua lettera di addio alla pallacanestro. Bryant si è commosso e ha ringraziato in italiano moglie e figlie e ha detto: “Mi fa sentire meglio che aver vinto un titolo NBA, ad essere onesto. Giuro che è così”. Livello di successo nella vita: #KobeBryant.