Anna Viganò ci mette un attimo, prima di rispondere al telefono. Non per chissà quale forma di tirarsela — tutto l’opposto —, ma perché si trova in ufficio, sommersa di scartoffie. «Lavoro in un’agenzia di pubblicità, ahimè», scherza. È comunque un lavoro creativo, che in parte spiega l’estro che sta riversando nella sua vita parallela da musicista, con il nome d’arte di Verano.
Per tanto tempo ha militato nell’Officina della Camomilla, formazione strumentale e tendente al lo-fi di stanza a Milano. «Prima ancora avevo un progetto con Fabio Campetti, una roba tipo Baustelle». Il duo si chiamava Intercity, ma col tempo è andato scemando. Le diverse esperienze le sono servite per trovare la forza di lanciarsi nella carriera solista. «Mi sono sempre detta che per i 30 anni avrei iniziato un progetto per i fatti miei», e così è stato.
Il primo omonimo EP solista è datato 2016, mentre quest’anno, negli scintillanti 32 di Anna, arriverà il primo album. È prodotto dall’artigiano dell’indie, Colapesce, e uscirà a aprile. Perché nella musica, fa notare Anna, non è mai troppo tardi. «A volte mi dico: “C’hai 30 anni, sarebbe il caso di comprarsi un cane e stare tranquilli”. Ma non è ancora il momento».