Buffon, ti prego, non parare (e bestemmiare) più per nessuno | Rolling Stone Italia
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Buffon, ti prego, non parare (e bestemmiare) più per nessuno | Sport, il meglio e il peggio del 2017

Da una cintura sventolata nelle Giovanili a una Coppa mancata per sempre e a tante cazzate "umane". Ma, Gigi, ricordati dei tuoi tifosi

Gigi Buffon ha lasciato la Juventus. Foto: The Times/News Licensing

Gigi Buffon ha lasciato la Juventus. Foto: The Times/News Licensing

Quando avevo 19 anni, oramai 16 anni fa, ogni due domeniche del mese partivo dal mio paesino in provincia di Mantova, tendenzialmente verso le otto del mattino, per raggiungere Asola, piccola città distante una trentina di km, per imbarcarmi su di un pullman pieno di tifosi juventini diretti allo stadio “Delle Alpi” a Torino. Si arrivava verso le 13 e 30, si mangiava un panino lurido dal “lurido” fuori lo stadio, si entrava dopo i controlli di rito e, dopo avere imbucato sottobanco striscioni e fumogeni, si seguiva la partita dalle 15 alle 17. Molti stavano di spalle a cantare e la partita nemmeno la seguivano. Altri pontificavano e bevevano con lo stesso vigore per l’una e l’altra azione. Verso le 18, indipendentemente dal risultato, si ripartiva per tornare a casa e io nel mio letto ci arrivavo intorno alle 22. Quattordici ore fuori casa per una partita di 90 minuti. Fino a che si giocava contro Inter, Milan, Roma o quant’altro, ne valeva la pena, per Juve – Empoli, no; ma questa è una storia diversa e soprattutto non è il vero motivo della partita.

Per i due anni in cui ho fatto l’abbonamento, ogni viaggio verso Torino iniziava allo stesso modo: bottiglie di coca e rhum in totale serenità, marijuana, personaggi bizzarri e goliardia a profusione. Tra questi personaggi, bizzarri mi è rimasto con molta simpatia un ragazzo di Parma di cui non ricordo il nome. Un tipo strano, all’epoca sulla trentina, smilzo, biondo e con l’abbigliamento alla “Ciavarro” nelle commedie borotalco italiane anni ’80: jeans chiaro, Superga bianche, polo chiara e cintura ai pantaloni. E con questa cintura, ogni volta che in autostrada si affiancava un pullman di anziani o famiglie, si agitava contro il finestrino confinante, brandendola a mo’ di frusta e urlando a più non posso. Volgarità varie, niente di più, nemmeno troppo da prendere sul serio, considerando che tutt’intorno, nel nostro pullman uomini e donne, dai più piccoli agli anziani, ridevano sguaiati. Le povere vittime invece, giravano subito lo sguardo, spaventate, sconcertate di fronte a quel giovane di Parma, anche se loro non potevano saperlo, che si agitava così tanto. Di Parma appunto, stessa città dove all’epoca parava Buffon. E proprio con Buffon, il giovane di Parma giurava di avere spesso sfilato la cintura dai jeans chiari quando il Parma andava in trasferta. Entrambi coetanei, uno con le superga bianche e l’altro alle giovanili, dentro la porta della loro città; due ignoranti che si agitano contro il finestrino tanto per far ridere un po’ chi sta intorno. Guasconi direbbero i più. Sani ignoranti, ribadisco io.

Personalmente non so se l’aneddoto sia vero, ma mi piace pensare che lo sia.

Da qui a cascata l’amore per Buffon; il giudizio anche poco oggettivo che nutro verso quell’uomo. Al di là dei risultati sportivi, delle parate, del livello atletico raggiunto e mantenuto per tanti anni, in un’epoca in cui i portieri talentuosi abbondavano – ma non erano come lui – tolto e smaltito l’eroismo di Berlino, il clima simile all’82, il pessimo triangolo stampa – squadra – e conseguente tifo, al netto di tutto e di più, quello che più mi rimane è il lato umano.

E di quello alla fine voglio parlare.

Buffon di cazzate ne ha fatte tante, dall’88 “fascista”, al diploma, alle scommesse sportive, alle dichiarazioni dopo la partita con il Real Madrid, ma non sono mai riuscito a volergli male per questo.

Buffon ha anche fatto parate che ci hanno fatto saltare dalla sedia, Juve e Nazionale che sia, è sceso in B – perché di scendere nel purgatorio si parla – quando poteva andare ancora più in alto di tutti, ci ha sempre messo la faccia, non ha mai evitato di dare spiegazioni e ha portato po’ di verità in un mondo sempre più di plastica come il calcio, errori compresi.

Tra il “comportarsi male”, e qui entra il ballo il concetto soggettivo di cosa sia “male”, ed essere invece un grande uomo, uno d’esempio per così dire, c’è un mare. Un mare, in burrasca che ondeggia con l’avanzare della vita e che non sempre tiene conto che la tara di come ci si è comportati va fatta alla fine, al netto di tutto, dopo un percorso, umano o sportivo, che sia.

Buffon, la prima parte del suo viaggio la ha fatta, credo, vivendo ogni giorno fino in fondo.

Domenica parerà per l’ultima volta con la maglia della Juventus; ho sentito di eventuali trasferimenti in qualche prestigioso club estero, se ce ne fosse modo. Ho sentito anche la possibilità di intraprendere un percorso formativo da dirigente o allenatore.

Preferisco la seconda, non me ne voglia, ma se è vero che fin dall’inizio ho tralasciato l’aspetto sportivo dal mio racconto, è altrettanto vero che quella coppa Gigi non la ha mai alzata. E nemmeno noi tifosi juventini con lui; la abbiamo vinta prima ma non c’entra niente con il qui è ora. Quella coppa, quella dalle grandi orecchie, assieme non la avremo mai e vincerla, se Dio vuole, tra qualche anno con il “polacco” in porta non sarà la stessa cosa. Con il massimo rispetto sia chiaro, ma se non la possiamo vincere noi, noi con te Gigi, forse è giusto che non la possa più vincere nemmeno tu.
È finita così e non sai quanto mi dispiace ma anche il tuo mare continuerà a ondeggiare e se tutto va come spero, sarai sempre più vicino a essere l’uomo che vorrai diventare.

Ecco, ti chiedo solo di non giocare per nessuno; un gesto che fai per noi tifosi, come hai sempre fatto ogni volta che sei sceso in campo, a parare e bestemmiare come solo tu sapevi fare.

Grazie.

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