Santii, la recensione di 'S01' | Rolling Stone Italia
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L’ambizione R&B dei Santii

'S01' è un disco pieno di riferimenti alle tendenze musicali del momento, ma non è la brutta copia di qualcosa che esiste già

Sulla carta, SANTII sembra un progetto troppo ambizioso per poter funzionare: una band-non band urban/electro/pop, che declina ogni disco come la stagione di una serie (non a caso l’album d’esordio si intitola S01) e in ogni traccia ha un diverso ospite da una diversa scena e location. Ascoltando il risultato finale, però, ogni dubbio sparisce come per magia.

D’altra parte c’era da aspettarselo: i due italianissimi artefici di SANTII, Miki e Alex, 26 e 28 anni, avevano già dimostrato parecchio con la loro precedente band, M+A, calcando perfino il main stage di Glastonbury nel 2014. Per S01 hanno radunato attorno a sé il meglio di svariati mondi: dall’elettronica inglese di Uli K al rap americano di Mick Jenkins, dall’avanguardia urban di Rejjie Snow e Supah Mario all’universo queer di Cakes Da Killa, passando per la Russia di Thomas Mraz.

L’effetto compilation era un rischio, ma è stato del tutto scongiurato: l’insieme è coeso e coerente, con un preciso sound che viene impreziosito e valorizzato da ogni featuring. Cosa ancora più importante, S01 non suona per nulla imitativo. Nonostante i riferimenti a un contemporary R&B ipnotico e incalzante siano chiarissimi, non è la brutta copia di qualcosa che esiste già, ma una reinterpretazione, arricchita dalle produzioni fresche di Alex e dalla voce cristallina di Miki. Ed è molto più pop di tante produzioni a sei zeri. Brani come Neversorry, Rockstars o Sum suonano innovativi in qualsiasi parte del mondo li si ascolti: pochi album italiani ci riescono.

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