Scritturare otto superattrici, capaci di rubare la scena a chiunque, per interpretare le geniali truffatrici della versione femminile di Ocean’s 11? Ottima idea – per non dire esilarante. Sì, la trama ha più buchi di un groviera e il regista Gary Ross (The Hunger Games) lascia che la sceneggiatura scritta con Olivia Milch si sfilacci nella parte centrale, ma è molto probabile che non ve ne freghi un cazzo. Ocean’s 8 è un heist movie luccicante, pieno di colpi di scena, e con un ritmo comico a cui è impossibile resistere. Cosa volete di più dal cinema d’evasione estivo?
Una Sandra Bullock seria e sfacciata interpreta Debbie Ocean, appena uscita di prigione e determinata a non tornare sulla retta via. (Debbie è sorella di Danny; e no, niente George Clooney). Ha passato mezzo decennio in carcere per mettere a punto la truffa definitiva: ogni anno il Metropolitan Museum of Art di New York organizza un ballo in costume di beneficienza, dove tutti gli ospiti amano esibire gioielli e costosi abiti firmati – è il Met Gala, e la sicurezza è peggio che alla zecca degli Stati Uniti. Ma la nostra protagonista è convinta di potersi infiltrare e rubare il Toussaint, un diamante di Cartier da $150 milioni che passerà la serata appeso al collo da cigno della star Daphne Kluger, una strepitosa Anne Hathaway in puro delirio da celebrità vanesia. Tutta per voi, Hatha-haters!
Il punto è che Debbie non può fare il colpo tutta da sola, quindi recluta la sua migliore amica Lou (Cate Blanchett, dopo di lei il concetto di glamour è tutt’altra cosa). Nel frattempo, Miss Ocean dovrebbe struggersi per il bel gallerista che in passato le ha spezzato il cuore (Richard Armitage), ma diciamoci la verità: la chimica con Cate Blanchett è molto più intrigante. E così sia, un gran casino dove i maschietti sono borsette e si salva solo il povero James Corden, un investigatore dell’assicurazione che fa capolino verso il finale.
Ma non facciamo il passo più lungo della gamba. Il meglio arriva dopo l’assemblaggio del team: ecco Rose Weil (Helena Bonham Carter, da capogiro), una fashion designer lontana dalla gloria degli anni ’80 che dovrà vestire Daphne per l’evento. Sarah Paulson è Tammy, una mamma di provincia con il vizio del contrabbando. Mindy Kaling è Amita, esperta di gioielli con uno sguardo alla Mindy Kaling. E che dire di Rihanna, ospite fisso del vero Met Gala, vestita di felpone e stivali da cantiere per interpretare l’hacker Nine-Ball. Queste superstar non hanno granché da fare nel film, ma buttate l’occhio sulla new entry Awkwafina – una palla di fuoco hip hop dalla mano lesta, capace di trasformare un minuto di scenetta comica in un furto a danno di tutte le altre attrici. La parte sulla Metro non ha prezzo.
Tirando le somme, Ross mette insieme la rapina con una certa competenza, ma niente di paragonabile al lavoro stellare che Steven Soderbergh ha fatto per gli altri episodi della saga. Sono le signore che permettono al film di volteggiare sui suoi difetti. «Là fuori, da qualche parte», dice Debbie alle complici, «c’è una ragazzina di otto anni che sogna di diventare una criminale. Lo stiamo facendo per lei». E anche per noi. C’è davvero qualcuno che non vorrebbe la compagnia di otto attrici capaci di trasformare i sassi in diamanti? Nel riassumere la sua strategia – e non a caso il modo medievale con cui Hollywood tratta i suoi buddy movies al femminile (pensate al reboot di Ghostbusters) – Debbie spiega che “un lui viene notato e una lei ignorata”. Non questa volta, sorella. Ocean’s 8 non tradisce.