La Juventus è la continuazione dei sogni con altri mezzi | Rolling Stone Italia
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La Juventus è la continuazione dei sogni con altri mezzi

Adesso è ufficiale: i bianconeri hanno formalizzato l'acquisto del secolo: Cristiano Ronaldo. Ecco perché la Juve è l'Italia migliore e perché, oggi, l'Italia intera deve essere la Juve

La Juventus è la continuazione dei sogni con altri mezzi

Immagine via Individual Design

E così ecco completato el fichaje del siglo, “il trasferimento del secolo” come è stato giustamente definito in Spagna. Cristiano Ronaldo è un giocatore della Juventus. Il massimo goleador della Casa Blanca (451 goal in 438 partite), il calciatore più emblematico – insieme ad Alfredo Di Stefano – della storia del Madrid saluta il Bernabeu direzione Allianz Stadium e chi l’avrebbe mai detto. Ma chi l’avrebbe mai detto è invece presto detto: nessuno. Nè in Spagna, né a Madrid, né in Italia, né a Torino. Ancora adesso che è ufficiale permane un vago disorientamento, come una specie di “mal di terra” inestinguibile e profondo, un sottile senso di marea perenne, perché questo è senza ombra di dubbio il più grande regalo che la Juventus intesa come società abbia mai fatto alla sua tifoseria.

E quindi nel giorno della sbornia da CR7 si deve subito parlare della Juventus Football Club, perché l’hangover da post-annuncio sarà lunghissimo e chissà quando recupereremo la lucidità necessaria al ragionamento (in realtà lo sappiamo, il 19 agosto, alla prima di campionato). Essere juventini in questo momento significa provare un sentimento antico e desueto eppure nobilissimo, uno tra i più nobili in assoluto, la gratitudine, che è una riconoscenza gratuita, che non prevede nulla in cambio, una riconoscenza potenziata e purissima, la più pura che esiste, qualcosa di molto difficile da associare a un’azione umana, piuttosto a un’entità, ed Entidad è infatti il termine che si utilizza in lingua castigliana per descrivere qualcosa di esistente, reale, ma allo stesso tempo superiore, inafferrabile.

Il Real Madrid è correntemente definito sulla stampa “entidad”, e da oggi la Juventus F.C. smette i panni della società di calcio per indossare anch’essa quelli più rarefatti di “entità”. Calcistica in primo luogo, certo, ma poi psicologica, esistenziale, politica. Essere juventini in questo momento è anche un atto politico, anzi ultra politico perché significa assistere alla realizzazione del miglior welfare possibile, della più efficiente redistribuzione, della migliore politica d’accoglienza – su questo pochi dubbi – concepibili al giorno d’oggi in Italia. È un atto ultra politico perché l’entità Juventus F.C. ti realizza il perfetto piano quinquennale, sempre. Ma lo fa in un solo anno. Tutti gli anni.

Essere juventini in questo momento è un atto politico anche perché è un immenso atto d’amore rivolto alla comunità in cui l’entità sussiste. È un atto d’amore nei confronti della Serie A, del movimento calcistico, del mondo sportivo, di quello economico-finanziario, infine è un atto d’amore rivolto agli individui, ai tifosi prima e ai cittadini poi. Agli italiani tutti, senza distinzione di fede. Sì certo, qualcuno storcerà il naso all’idea di vedere Cristiano Ronaldo galoppare libero e felice in maglia bianconera ma non è con gli occhiali del particolarismo che va intesa questa operazione. Questa operazione è un atto d’amore verso l’Italia intera, un’improvvisa sferzata di fiducia giunta non a caso nel tempo di maggiore chiusura mentale della Storia del Paese, un ricordare a tutti che siamo un popolo capace di sorprendere e di arrivare laddove ci era stato detto che non si sarebbe potuti arrivare. La Juve è l’Italia, signori, e oggi l’Italia deve essere la Juve.

Poi quando si comincerà a fare sul serio, quando quello che conterà lo troverete in alto a sinistra sui vostri teleschermi – punteggio e minuti al termine, le uniche categorie che importano sul rettangolo di gioco – si tornerà al campanile. Come dice l’ex campione del mondo 1986 Claudio Borghi – che fu primigenio tra i magnetici flirt berlusconiani – “il calcio è come il sesso: quando cominci a capirlo non sei più in grado di farlo”. Ma di tifare dalla parte giusta invece sì.