A un certo punto mi telefona un numero sconosciuto, per dirmi che sono in linea con Courtney Love. Ovviamente avevamo un appuntamento telefonico e avevo preparato la mia intervista, ma non credo si possa mai essere preparati abbastanza, quando i famosi sei gradi di separazione tra te e i tuoi idoli d’adolescenza si riducono improvvisamente a uno. Il tempo che ho a disposizione è molto poco e per un attimo ho la stupida presunzione di poter instaurare con Courtney un feeling immediato, tale da generare una conversazione senza paletti e senza il timore che una parola sbagliata possa riverberarsi in un attimo nel mondo, sotto forma di scandalo, scoop o dichiarazione controversa, come accade da più di 24 anni a questa parte.
Perché parlare con Courtney Love è e sarà per sempre parlare anche di Kurt e, mentre dall’altra parte del filo l’inconfondibile voce roca e sbarazzina di Courtney diventa quasi balbettante e insicura a una mia domanda ambigua alla quale mi risponde quasi impaurita, «intendi qualcuno che ora non c’è più?», la mia presunzione si trasforma in un profondo senso di colpa, per aver pensato di essere l’ennesimo intervistatore che spera di strapparle un nuovo aneddoto sulla sua vita, per ricavarci non si sa bene che cosa. La realtà dei fatti è che siamo al telefono per parlare soprattutto della sua presenza al prossimo Rockin’1000, che si terrà allo stadio Artemio Franchi di Firenze il prossimo 21 luglio: un’adesione molto importante, anche alla luce del fatto che quest’anno l’iniziativa avrà tra i partner Only the Brave Foundation e San Patrignano, a cui saranno donati parte degli incassi. Courtney è soprattutto di questo che vuole parlare, e di questo abbiamo parlato e forse ha davvero senso così.
«Sono molto felice di prendere parte a questo evento così assurdo! Al tempo stesso sono molto spaventata, perché non so cosa aspettarmi di preciso, e per questo dovrò metterci molto impegno e duro lavoro per essere all’altezza. Per fortuna, però, Rockin’1000 è un’iniziativa meravigliosa, in cui non ci sono vincitori o sconfitti: tutti quanti possono farne parte, un’unica band in simbiosi con il pubblico e con le emozioni del momento. Sono contenta di poter dare il mio contributo a questa avventura».
Durante lo show, Courtney si esibirà con due pezzi del repertorio delle Hole – sono già stati annunciati Celebrity Skin e Malibu, entrambi singoli estratti dall’album Celebrity Skin del 1998 –, mentre un terzo brano non è stato ancora svelato. «Posso dirtelo in esclusiva: il terzo pezzo che suoneremo sarà Olympia». (E io sono felice di aver portato a casa la mia piccola esclusiva inaspettata, nda).
Tecnicamente le Hole sono sciolte da qualche anno, ma durante la loro carriera ventennale hanno cambiato parecchi membri. E, chi lo sa, magari in fondo è più facile suonare in una band composta da mille persone, che in una con quattro? «Non l’ho mai fatto, ci vorrà molto lavoro. Poi quest’anno saranno addirittura 1500 persone, sarà intenso».
Tra i vari ospiti, questa edizione conterà anche sulla presenza di Peppe Vessicchio come direttore d’orchestra d’eccezione e, anche se Courtney mi rifila un (comprensibilmente) poco convincente «ne ho sentito parlare», quando le chiedo se ha mai visto il Festival di Sanremo, non risparmia apprezzamenti verso l’Italia e il pubblico da queste parti. «Amo l’Italia, amo il cibo, le persone. Tutte le volte che mi sono esibita nel vostro Paese sono sempre riuscita a creare un rapporto speciale con gli spettatori».
Visto che in uno dei suoi pezzi più famosi – Mono –, canta: «Well they say that rock is dead/They’re probably right», le chiedo qual è la sua opinione sull’attuale scena rock, e perché non ha più lo stesso appeal sulle masse in termini di iconografia. Lei ha le idee abbastanza chiare: «Figurati, oggi è tutta una questione di nicchie di mercato: le cose non sono più come un tempo. Penso, però, che certe dinamiche abbiano un andamento circolare, e quindi spero che ci sarà un momento in cui le cose torneranno a essere grandi».
E allora forse c’è davvero da preoccuparsi per il futuro del genere, se persino Courtney Love confessa che tra i suoi ascolti preferiti di recente non c’è esattamente l’incarnazione di una rockstar: «Sto ascoltando Lana Del Rey». Che, da quello che mi risulta, non ha mai sfasciato nessuna stanza d’albergo finora, al massimo ha rifatto la cover di Chelsea Hotel no. 2 di Leonard Cohen. Intanto è prevista l’uscita di un’autobiografia di Courtney, che sembra aver messo tanta dedizione e impegno nel progetto. «È un memoir, e uscirà nella primavera 2019. Scrivere un libro è davvero difficile, è molto doloroso e complicato ripercorrere tutta la propria vita: le cose belle, quelle brutte, la gloria, il dolore, le disgrazie, le vicende con Kurt. È stato davvero emozionante».
Vuoi dirci qualcosa in più riguardo a “le vicende con Kurt”? «No, sarà tutto nel libro». Vabbè, vorrà dire che aspetteremo.