“Dobbiamo dare l’esempio, mostrare quanto sia grave quello che sta accadendo”, racconta Marc Gasol, uno dei meglio giocatori dell’Nba, al telefono col giornalista de El País dalla nave Astral, dove si trovava un paio di settimane fa come volontario della ong Proactiva Open Arms per soccorrere e salvare i migranti dispersi in mare. “Dare l’esempio”: ecco quello che in piccolo – rispetto alla titanica iniziativa della star planetaria Gasol – avevamo implicitamente chiesto, nello scorso numero di Rolling Stone, a molti noti nomi della pop culture italiana, invitandoli a prendere una posizione nei confronti delle politiche del Ministro dell’Interno Matteo Salvini, e quindi del governo di cui fa parte.
“Dare l’esempio”, e vaffanculo alle polemiche dei social, alla cover che diventa virale e poi meme fino a tornare solo la copertina di un giornale – il nostro, fieramente pop & mainstream – che non si vuole assuefare all’orrore di quello che gli sta intorno e sente la responsabilità di impegnarsi, con i mezzi che ha, per delle battaglie civili e politiche necessarie.
I nomi che avevamo coinvolto hanno una caratteristica importante, un alto CdPS (Coefficiente di Penetrabilità Sociale), ovvero riescono ad arrivare – non importa se sia con una canzone, un tweet o un post di Instagram – a un sacco di persone, molte delle quali giovanissime e impermeabili al flusso di notizie e opinioni dei media tradizionali. Personalmente ero molto contento che sul giornale ci fossero i pensieri di artisti come Francesca Michielin, Gazzelle e Tedua, nomi che magari a molti di voi non dicono nulla, ma provate a chiedere a un ragazzo tra i 13 e i 20 anni chi è Tedua (il suo album Mowgli è stato uno dei successi discografici di quest’anno) e inizierà a rapparvi un suo pezzo a memoria. Era la prima occasione in cui leggevo una loro opinione politica, e non era così scontato che aderissero alla nostra iniziativa, visto che la nuova generazione trap e indie pop a cui appartengono è stata, nel recente passato, molto restia a schierarsi e prendere posizione, chi per paura di perdere una fetta del loro “elettorato” su YouTube e Spotify, chi perché “della politica non mi frega nulla”, chi perché pensava di non avere degli strumenti culturali adeguati per esprimersi e preferiva tacere.
Nei loro pezzi parlano di amori tardo adolescenziali, di soldi, erba & fama, di sneakers da seicento euro e dell’hangover dopo una festa, della mamma e degli amici della cumpa. Sono in gran parte “disattivisti”, lontani anni luce dalle contraddizioni di un mondo in cui loro stessi rappresentano una delle contraddizioni più grandi, ovvero quell’individualismo all’eccesso in contrasto col – seppur retorico ma reale – potere aggregante della musica. Il fatto che un rapper come Tedua abbia scritto sulle nostre pagine che “le leggi vanno rispettate e, se imposte da tiranni, riscritte” e “gli uomini in mare aperto vanno salvati”, citando un pezzo di una sua canzone (Dune) dove dice “Tutta la fauna si sposta se c’è tempo avverso prendendo un diverso sentiero”, è per me un luminoso segnale di speranza, e di resistenza. Basta che a uno solo tra le migliaia di giovani fan di Tedua sia arrivato il messaggio mandato da Tedua attraverso le pagine di Rolling, perché questa iniziativa possa dichiararsi riuscita.
Peccato solo – per tornare alle polemiche social da “sfanculare” – che Tedua sia il solito radical chic. È vero che, se potesse, di Rolex al polso se ne metterebbe quattro, più due Patek Philippe, fa parte dello statement dei rapper, ma la sua giovinezza a botte di pasta al burro (perché non c’era altro da mangiare), case d’accoglienza e famiglie affidatarie è sicuramente “radicale”.
Di questa radicalità abbiamo bisogno come il pane, della consapevolezza swag dei 24 anni di Mario in arte Tedua. Se il vocabolario trap ci aiuterà a pensare migranti che arrivano in Italia in business class o costruzioni di nuove Bamako e altre funk town nelle terre disabitate della Calabria, allora potremmo finalmente deviare dall’orrore dell’ovvio che inquina il nostro immaginario. Intanto accontentiamoci dell’indispensabile, “diamo l’esempio”, in qualunque modo, resistendo a qualunque critica e polemica, e cerchiamo di trovare un modo – anche imperfetto, per forza – per tornare a fare politica insieme, abbandonando questa “stagione dell’individualismo” che – diciamolo – non ci ha fatto diventare né più fichi né più ricchi, solo più acidi e stronzi.
Marc Gasol, alla domanda “perché fa tutto questo?”, ha risposto: “La situazione è tale da essere al di sopra dei miei sentimenti personali”. Ora dategli del miliardario buonista. Ma cercate di farlo al di sopra dei vostri sentimenti personali, se ci riuscite.