Nel maggio 2016 la madre di Depp muore. La sera seguente Amber Heard telefona a iO Tillett Wright, un’artista e amica della coppia, chiedendole di chiamare il 911. In seguito Wright scriverà: «Sentivo Depp dire: “E se ti prendo per i capelli”?». Avverte la polizia, e spuntano fotografie della Heard con un livido sul viso. Secondo Wright: «Le violenze sono iniziate con un calcio su un aereo, poi si è passati a spinte e qualche pugno, poi l’aggressione. Quando sono stata a casa loro ho visto un cuscino sporco di sangue. E il labbro gonfio, ciocche di capelli per terra». Due giorni più tardi, alla vigilia del funerale della madre di Depp, la Heard presenta l’istanza di divorzio. La coppia raggiunge l’accordo in agosto, offrendo un comunicato congiunto che in parte dice: «La nostra relazione è stata intensa e a volte esplosiva, ma sempre guidata dall’amore». La Heard avrebbe ricevuto 7 milioni di dollari – da lei donati in beneficenza – e i due hanno siglato un patto di riservatezza.
Quella sera lui mi racconta della depressione che lo ha colpito nel momento in cui la sua vita privata e le sue finanze sono crollate contemporaneamente. «Ho toccato il fondo», dice con voce spettrale. «Il dolore quotidiano era insopportabile».
A quel punto parte in tournée con gli Hollywood Vampires e decide di buttar giù un’autobiografia con una vecchia macchina per scrivere, come il suo idolo Thompson. «Mi versavo della vodka al mattino, e scrivevo finché le lacrime mi impedivano di vedere la pagina». Si asciuga gli occhi con la manica della camicia bianca e prosegue nel monologo. «Continuavo a chiedermi che cosa avessi fatto per meritarmi tutto ciò. Ho sempre cercato di essere gentile con tutti, di aiutare tutti e di essere sincero». Si ferma. «Per me la verità è la cosa più importante. Eppure guarda cosa è successo».
Faccio più fatica a ottenere una risposta sul perché Christi abbia ricevuto 7 milioni di dollari, e il suo assistente Nathan Holmes 750mila. Depp descrive la sorella come la «marionetta» dei Mandel, senza addentrarsi in dettagli. I membri della sua cerchia ristretta in seguito mi confidano che il rapporto con la sorella si è deteriorato quando Depp ha sposato la Heard senza un accordo prematrimoniale. «Ha tagliato i ponti con le uniche persone che si prendevano cura di lui», mi spiega un suo collaboratore di lungo corso, aggiungendo che l’idea che Depp non sapesse dei soldi intascati dalla sorella è grottesca. Una delle questioni centrali delle due cause su cui il tribunale dovrà decidere è se rendere partecipe Christi della situazione economica equivalesse a dirlo a Depp. Tra le prove a disposizione della Tmg c’è un’email in cui Christi scrive a un impiegato di Mandel di non infastidire il fratello, perché «ci pensa lei a informarlo costantemente».
La strategia di Depp sembra un classico di Hollywood: non prestavo attenzione, e nel frattempo, chi avrebbe dovuto farlo, mi derubava. Mi spiega che, per rendere giustizia ai personaggi stravaganti che doveva impersonare nei film, aveva bisogno di isolarsi dal mondo. «Se mi arrivava qualcosa da firmare – e non capitava spesso – lo facevo senza fare una piega», dichiara, fingendo di firmare un foglio immaginario con la mano destra, mentre osserva la notte londinese. «Non mi interessava vedere di cosa si trattava, perché mi fidavo di loro». Poi, con una smorfia, aggiunge: «Ora guardo tutto ciò che firmo».
Dopo la mia visita londinese riesco ad accedere ad alcuni documenti relativi ai prestiti di Depp, incluso uno da più di 10 milioni. I termini dell’accordo e la cifra sono proprio sulla pagina riassuntiva su cui compare la sua firma. Per non vederli, avrebbe dovuto firmare a occhi chiusi. Pare che toccherà ad altri salvare Johnny Depp. Una di loro è stata quasi fermata ancora prima di provarci. La sera del 28 giugno 2017 Janine Rayburn, ex account della Tmg che ha gestito le finanze di Depp, riceve una lettera via corriere dagli avvocati della società. La lettera recita: «Le mando una copia del patto di riservatezza che ha firmato quando è entrata alla Tmg il 3 dicembre 2010». Non arriva a caso. La Rayburn deve testimoniare nella causa due giorni dopo. Ma la cosa non sembra turbarla, e depone. Ha lavorato su Depp dal 2008 al 2010 e sostiene di aver notato molte irregolarità. Dichiara di aver cominciato a nutrire dubbi quando le è stato chiesto di autenticare dei documenti in assenza di Depp e Christi, un fatto illegale in California. La Rayburn aveva riportato le carte nell’ufficio di Mandel e le aveva poggiate sulla scrivania. «Non posso farlo», gli aveva detto.
In base alla sua testimonianza, una volta Mandel le aveva spiegato che Christi avrebbe firmato in seguito il registro, ma la Rayburn si era comunque rifiutata di farlo. I legali di Mandel negano l’accaduto e sostengono che per ottenere le firme di Depp quando era sul set bisognava attendere un’eternità. Nello stesso periodo, la Rayburn aveva notato alcune spese di Christi pagate con i fondi del fratello: il matrimonio della figlia, l’affitto e il mutuo. Davanti a una sua richiesta di spiegazioni, la Rayburn sostiene che le parole della sorella di Depp fossero state: «È mio fratello. Il suo denaro è anche mio».
Per dimostrarmi che alcune delle firme di Depp sui documenti finanziari sono sospette, Waldman me ne ha mandate due. La prima, del 2010, è lineare e ordinata. Quelle che Waldman mi manda dopo, più recenti, sono appariscenti e bizzarre. In apparenza sembrano simili. Depp non è d’accordo: «Vogliono far credere che quella firma è stata fatta velocemente, come la mia, ma in realtà è studiata e innaturale. Non sono frutto della mia mano».
Durante la deposizione della Rayburn uno degli avvocati di Depp chiede se l’attore fosse aggiornato sulle sue spese. «Per quanto ne so, non riceveva resoconti». La Rayburn è stata licenziata dalla Tmg nel 2010, perché non “adatta”. Eppure all’epoca le chiedono di restare altre tre settimane per formare il suo sostituto. Sconcertata dalla decisione di farla fuori, scrive due pagine di appunti sulla sua esperienza con Depp, tra cui: «Joel dice che JD è sempre ubriaco e firmerebbe qualunque cosa».
Secondo i legali di Depp i Mandel avrebbero girato 1,5 milioni di dollari dell’attore, sempre a sua insaputa, nell’hedge fund Lionheart, di cui sono in parte proprietari. Nel 2008 la Tmg rimette i soldi sul conto di Depp con un profitto irrisorio di 32mila dollari. Per i Mandel gli utili da miseria sono dovuti al fatto che Depp, sempre a corto di liquidità, avesse costantemente bisogno di denaro e all’abbattersi della crisi economica. I continui ritardi nel pagamento delle tasse sono chiaramente un punto dolente per la Tmg.
Mentre i Mandel sostengono che anche quei ritardi siano dovuti ai problemi di cash flow dell’attore, la fiscalista Miriam Fischer suggerisce che la Tmg avrebbe potuto rimettere in sesto le finanze del suo cliente, in modo da pagare in tempo. «La Tmg aveva diverse opzioni, e ha scelto la peggiore possibile: trasformare l’agenzia delle entrate in un creditore».
l terzo giorno rientro in hotel per farmi una doccia calda e cambiarmi, prima di tornare alla villa di Johnny. «Potevi restare qui», dice Depp. Quando gli rispondo che dovevo cambiare le mutande, si lascia sfuggire un ghigno. «Questo è il motivo per cui ne ho sempre su due paia. In realtà, in questo momento indosso sei preservativi». Rido, e questo sembra incoraggiarlo: «E ho anche un dental dam, nel caso ti servisse».
Non so se sia l’alcol o l’hashish, ma Depp sembra felice di aver qualcuno con cui passare del tempo, anche se abbiamo esaurito i dettagli della sua causa legale. Tira fuori una chitarra acustica, la accorda per una ventina di minuti e strimpella qualche nota di Wonderwall. Ha la testa pesante, ma si vede che suonare lo tranquillizza, lo riporta a quando era solo un ragazzino ingenuo. Mica come adesso, che è in bancarotta, isolato e a un passo dall’essere emarginato dall’industria in cui lavora da una vita.
Parla dei primi tempi a L.A. in un albergaccio, in cui condivideva la stanza con altri ragazzi. Una volta, dopo aver passato la notte precedente in un hotel infimo di Venice, si era ritrovato con un gran prurito nelle parti intime, come i suoi coinquilini. Depp si era rasato tutto il corpo. Con una lente di ingrandimento aveva notato dei granchietti. «Sembravano quelli che si vedono in mare». Ridacchia. «Avevo passato a tutti le piattole», dice, facendo un ultimo tiro dalla sigaretta. «Ma lo sai quanto è difficile confessare una cosa del genere ai tuoi coinquilini?». Imita la voce di Kramer di Seinfeld. «“Ehm, ho preso le piattole in una stanza d’hotel. Mi spiace, amico”. Anche se il mio compagno di stanza non poteva prendersela più di tanto: rapinava banche». Gli dico che mi pare una balla, ma lui mi chiede di controllare. «Era il bandito con la coda di cavallo di Beverly Hills». Verifico sul mio telefono e vedo che in effetti all’epoca a Los Angeles c’era un bandito con la coda di cavallo. Quando gli mostro le immagini, annuisce. «Te l’ho detto. Io non mento mai».
La notte lascia spazio alle prime luci del mattino. Un leggero nevischio inizia a scendere sull’imponente giardino, su cui nessuno dell’entourage di Depp ha mai messo piede.
La scorsa primavera il team legale dell’attore è stato sostituito da un misterioso studio con sede a Orange County. Tre settimane dopo, Ben Chew, il suo principale avvocato civilista, ricompare sulla scena, e firma di nuovo con Waldman. Come se non avesse già abbastanza grattacapi: le sue guardie del corpo americane gli fanno causa per stipendi arretrati non pagati (senza dimenticare la causa intentata dal location manager del film City of Lies, che ha affermato che l’attore l’ha colpito sul set, ndr). Dopo vari rinvii Depp si presenta finalmente per deporre il 26 maggio. Il processo è previsto per agosto.
Il jolly in questa vicenda è Christi. Non ha ancora reso alcuna dichiarazione pubblica sulla vertenza, e nessuna delle parti l’ha accusata di alcun crimine. Ma il nodo cruciale potrebbe essere il potere che il fratello le aveva concesso sulle sue finanze.
Depp ha passato il Natale in Francia, l’inverno alle Bahamas e gran parte della primavera nella sua tenuta di Hollywood. Non ha mai venduto Hameau, né nessuna delle sue proprietà. Sembra improbabile che scenda a compromessi o riconosca la sconfitta.
«Nella mia vita non sono mai stato un bullo», mi dice. «Non ho mai ferito nessuno di proposito. Quando ero un bambino mi hanno insegnato a non attaccare briga, ma anche che se qualcuno ti prende di mira o invade il tuo cazzo di mondo sei tu che devi avere l’ultima parola. Citando mia madre: “Mandali al tappeto con un fottuto cazzotto”».
Dice che sta conducendo quella battaglia per Jack e Lily-Rose. «Mio figlio è venuto a sapere dai suoi compagni di scuola che suo padre era in bancarotta, e non è giusto». Si massaggia gli occhi con le mani macchiate di tabacco. Ricorda che uno dei momenti in cui si è sentito più orgoglioso è quando Jack gli ha confidato il nome della band che aveva messo in piedi. «I Clown Boner (cazzo duro del pagliaccio, ndr)», sorride orgoglioso. «Non c’è bisogno di nessun test di paternità. È il mio ragazzo».
Parla senza sosta di cosa vuole fare non appena la causa sarà conclusa e avrà vinto. Vuole adattare per lo schermo un libro francese. È la storia di un uomo che perde la moglie, perde tutto, e finisce in una casa per anziani, nonostante non abbia nemmeno cinquant’anni. «Il libro si intitola Giorni felici. Un ironico e poetico inno alla vita». Da lì è un attimo immaginare un remake di Titanic girato interamente nella vasca da bagno. «Sarebbe fantastico, ma a Hollywood nessuno si assume più rischi», spiega sospirando.
Ho voglia di tornare a casa, ma sono riluttante ad andarmene. In questo momento uno degli attori più famosi al mondo sta fumando erba con un giornalista e il suo avvocato, mentre il cuoco prepara la cena e i bodyguard guardano la televisione. È circondato solo da persone che paga. La luce inizia a filtrare dalla finestra. Waldman va a dormire. L’indomani mattina all’alba ha un volo per andare a fare sci di fondo con Oleg Deripaska.
Intuisco che è la mia possibilità per filarmela. Depp cerca un addetto alla sicurezza per chiamarmi un taxi, ma il tentativo va a vuoto. E così mi accompagna alla porta. «Grazie per essere venuto. Questa potrebbe essere la tua occasione per il Pulitzer».
Nei 15 minuti successivi, Depp cerca di capire come aprire i cancelli della sua fortezza. Schiaccia bottoni e spinge recinzioni, ma non si muove nulla. È un ragazzo smarrito, che non ritroverà la via di casa prima che venga buio. Alla fine gli dico che posso scavalcare il cancello. Mi arrampico e salto giù. Attraverso le inferriate ci salutiamo. «Riguardati, amico». Per un attimo rimane silenzioso. «Grazie per avermi ascoltato».