Esattamente come un anno fa, eccomi qui a Toronto. E più precisamente al TIFF 2018, nel mezzo del festival più caotico e intimo del mondo, con tanto di 21 sale di proiezioni (14 in un solo edificio) e più di 300 opere tra film, corti e documentari, la metà dei quali (122) interamente girati, diretti e co-diretti da donne di ogni etnia e Paese, che qui hanno trovato terreno fertile per quanto riguarda inclusione e diversity (persino il mostro-alieno in Predator è femmina). Situazioni che avrebbero fatto felice Alice Guy-Blachè, la prima regista della storia del cinema. E questa in effetti è stata un’edizione di prime volte: il primo film nigeriano comprato da Netflix (Lionheart), il primo con troupe e cast principale interamente al femminile (Ever After di Carolina Hellsgard); il primo nudo integrale di Chris Pine; le opere prime di Bradley Cooper e Jonah Hill; first time in cui sia Ryan Gosling che Robert Pattinson hanno viaggiato nello spazio; first time che si è scoperto un sex offender sul set di un film; prima volta che sono rimasto seduto per un lungometraggio cinese di 4 ore (!!); first time che Netflix (Roma) darà del filo da torcere ad Hollywood….
Oltre a tutto ciò, ci sono stati film a sfondo politico attualissimi (Fahrenheit 11/9 di Michael Moore, il profilo di Herzog su Michael Gorbachev, American Dharma di Errol Morris che intervista l’ex consigliere di Trump, Steve Bannon); Widows di McQueen che tratta argutamente di generi-razze-classi sociali; film sul rapporto polizia-cittadini come If Beale Street Could Talk, Destroyer o The Hate U Give Us, sulle relazioni interrazziali (Where Hands Touch e Green Book con un eccellente Viggo Mortensen) e altri che parlavano apertamente di sexual conversion; altri ancora di droga-addiction-addicts (Beautiful Boy, Ben is Back) ma anche di cantanti e di donne dalle ugole d’oro (Teen Spirit, A Star is Born, Vox Lux e soprattutto Wilde Rose (magnifico!)… di tutto e di più. Adesso basta, è ora di rivelarvi i miei preferiti.
Ben is Back
Scritto e diretto da Peter Hedges (di cara memoria Buon compleanno Mr. Grape con DiCaprio) con una magnifica Julia Roberts finalmente fragile (odore di nomination agli Oscar), drammatica e dark, mamma di Ben, figlio assuefatto e dipendente da droghe e rehab. Ho apprezzato e pianto tantissimo, perché nello spazio di 24 ore (lasso temporale della sceneggiatura) vediamo da vicino e in maniera più umana il problema che sta affliggendo l’America: la crisi da oppioidi (intervista in arrivo su RS).
Destroyer
Due cose su tutti: Nicole Kidman truccata e invecchiata alla perfezione, cattiva cattivissima come mai l’avete vista (garantisco candidatura agli Oscar). E una bellissima Los Angeles sconosciuta anche per chi ci vive. Grandissima la regia, quella Karyn Kusama che ci aveva sorpresi con The Incident. Qui narra la storia – in flashback con una Kidman giovane – di una detective il cui scopo primario nella vita è quello di ottenere vendetta per quello che le è successo 15 anni fa. Nella narrativa anche una storia d’amore su uno sfondo di gang, deserto californiano e rapine. Potrebbe anche rasentare la perfezione di Training Day, con la Kidman nel ruolo al femminile che fu Denzel (statuetta per lui).
Beautiful Boy
Storia tratta non da un libro, ma da due, scritti rispettivamente da padre e figlio. Se per Ben is Back si parla di droga-rehab-madre-figlio, in Beautiful Boy osserviamo il rapporto di amore-distruzione tra padre e figlio, interpretati rispettivamente da un magnifico e drammatico Steve Carell e dalla nuovissima star del cinema mondiale, quel Timothée Chalamet che abbiamo conosciuto in Chiamami col Tuo Nome e che (metto la mano sul fuoco) difficilmente ci deluderà almeno nei suoi prossimi 2/3 progetti (intervista in arrivo su RS).
A Star is Born
Se non l’avete visto a Venezia, andate a vederlo al cinema. Bradley Cooper si è preparato per 15 anni e adoro il modo in cui Lady Gaga riesca a trasformarsi in qualunque cosa voglia. Ha iniziato come cantante pop-rock ed è stata presto ingaggiata per un tour a New York, poi è diventata cantautrice, ha scritto brani per le star, per arrivare ad essere una popstar e una diva mondiale, provare con il jazz e avere successo pure con quello. Ora fa un film e riceve recensioni entusiastiche per il suo primo grande ruolo. È incredibile!
The Old Man and The Gun
Un tocco di romanticismo e devozione nonché rispetto perché, oltre ad essere un gran bel film, è l’ultimo in cui vedrete Robert Redford, parole sue. Storia di un rapinatore e dei suoi colleghi (un grande Tom Waits), le cui azioni sembrano fatte apposta (almeno per me) per rappresentare gran parte dei film interpretati dal grande Robert dagli occhi blu (Butch Cassidy, Brubaker, I tre giorni del Condor , Il Cavaliere Elettrico, La Stangata, L’uomo che sussurrava ai cavalli ecc.), il tutto mentre si innamora di una vintage Sissy Spacek (intervista in arrivo su RS).
SLEEPERS / SORPRESE
Green Book
L’ho visto e non sono riuscito a trattenere lacrime e risate, rabbia e felicità, il tutto guidato con maestria da uno dei miglior attori di sempre, quel Viggo Mortensen amato ed ammirato in La promessa dell’assassino e Captain Fantastic. Qui interpreta il ruolo del buttafuori italo-newyorkese Tony Lip Vallelonga, a cui viene offerto un lavoro come autista di un pianista classico di colore, impersonato meravigliosamente da Mahershala Ali (premio Oscar per Moonlight e prossimamente in True Detective 3), con il quale deve attraversare gan parte degli Stati Uniti del Sud, esattamente quando (nel 1963) le relazioni fra bianchi e neri stavano per scoppiare. F-A-N-T-A-S-T-I-C-O. Una commedia dai toni estremamente drammatici ed attuali. FUCKING GREAT MOVIE, ragazzi (Alla fine ha vinto il premio del pubblico del TIFF).
Can You Ever Forgive Me?
La regina della commedia americana Melissa McCarthy qui veste i panni iper drammatici di una scrittrice in rovina, che per mantenersi si mette a falsificare lettere di “grandi defunti del passato”. Regia di Marielle Heller, che ci aveva sorpresi piacevolmente con Il Diario di una Teenager, best movie agli Spirit Award 2016.