I rockers giamaicani degli anni Settanta rivivono nella nuova collezione di Levi's Vintage Clothing | Rolling Stone Italia
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I rockers giamaicani degli anni Settanta rivivono nella nuova collezione di Levi’s Vintage Clothing

È stata solo l'ultima delle trovate geniali di Paul O'Neill, che sulla carta è l'head designer della divisione vintage di Levi's ma nella pratica è un ragazzo irlandese appassionato di arte e musica. L'abbiamo intervistato.

È la prima volta che Levi’s Vintage Clothing racconta una storia che non è americana. La divisione Vintage del marchio di denim più famoso al mondo, stavolta ha scelto Kingston e la Jamaica per esplorare attraverso gli abiti un periodo storico ben preciso, gli anni Settanta, e un movimento culturale molto importante per la musica, quello dei Rockers dipinti nell’omonimo film del 1978 in cui Leroy “Horsemouth” Wallace interpreta sé stesso.

È stata solo l’ultima delle trovate geniali di Paul O’Neill, che sulla carta è l’head designer di Levi’s Vintage Clothing ma nella pratica è un ragazzo irlandese appassionato di arte e musica, che di lavoro riporta alla luce abiti che altrimenti andrebbero dimenticati nel tempo. Lo incontro a Londra al lancio della nuova collezione autunno/inverno 2018, ispirata al caldo caraibico e ai colori della Giamaica.

Prima di tutto, che differenza c’è fra Levi’s e Levi’s Vintage Clothing?
Penso che il brand principale sia più interessato a un pubblico più straniero. Il Vintage Clothing è un piccolo brand, parte del portfolio Levi’s, che propone una collezione molto piccola. Lo fa per raccontare la storia americana e in particolare quella del marchio. Attraverso la linea Vintage riproduciamo la storia del brand prendendo vestiti originali dal nostro archivio storico e li riproduciamo fedelmente agli originali nella nuova collezione. Ti mostro qualcosa. [Prende il look book e apre le prime pagine] Questa è la giacca originale e questa è quella nuova. Vedi? A parte qualche colore, sono pressoché identiche. Delle riproduzioni fedeli a quelle in commercio negli anni Settanta. Raccontiamo una storia, ma l’importante è farlo con gli esatti componenti e tessuti dell’epoca.

Sono esattamente gli stessi componenti? Tipo gli stessi bottoni e cerniere?
Cerchiamo di essere il più fedeli possibile. Esiste comunque una minima parte di creatività, nel senso che magari facciamo minuscole variazioni sul colore o il pattern.

È la prima volta che uscite dagli Stati Uniti e dedicate una collezione a un altro paese, giusto?
Lavoro per Levi’s Vintage Clothing da dieci anni ed esiste da circa venti. Sono stato coinvolto in circa venti collezioni ed è la prima volta in assoluto che ci ispiriamo a qualcosa di esterno agli Stati Uniti. Ma parliamo pur sempre di una cultura e una nazione, la Giamaica, che hanno preso spunto dagli Stati Uniti e l’hanno reinterpretato in modo originale, unico.

Paul mentre presenta la nuova collezione. Foto di Jordan Curtis Hughes

Paul mentre presenta la nuova collezione. Foto di Jordan Curtis Hughes

Ogni collezione si ispira alla musica o è un caso?
No, non solo. Io sono molto interessato alla musica e alla sua storia, ed è evidente il legame di Levi’s con le sottoculture musicali. Ma ho firmato collezioni anche sul Far West oppure sugli anni Ottanta. La musica è sempre una parte importante, ma non rappresenta tutto. Però io nello specifico sono un fanatico di musica. Fai conto che, per la collezione sul Far West, mi sono andato a studiare cosa ascoltavano i cowboy all’epoca. Ho sempre voluto collegare tutto, avere una visione d’insieme.

Su cosa ti vorresti concentrare nella prossima collezione?
Mi piacerebbe moltissimo fare qualcosa sugli anni Ottanta. Magari non soltanto gli anni Ottanta statunitensi. Anche in Inghilterra, già a partire dagli anni Sessanta con i Mods, Levi’s è stato protagonista delle mode e sottoculture giovanili. Per non parlare dell’Italia. Chiunque indossava Levi’s negli anni Ottanta.

Quindi l’idea di ispirarsi al film Rockers per questa collezione è farina del tuo sacco.
Certo, con i miei amici lo guardavamo sempre da piccoli. Avevamo tutti i dischi di Bob Marley, ma mai mi sarei immaginato che un giorno avrei ricambiato il favore. Con questa collezione abbiamo voluto rendere omaggio alla cultura e alla gente di una splendida isola dei Caraibi. Un posto unico, in tutti i sensi.

Gli ospiti della serata. Foto di Jordan Curtis Hughes

Gli ospiti della serata. Foto di Jordan Curtis Hughes

Baseresti mai un’intera collezione su un singolo personaggio?
Certo che sì! Da quando ho 16 anni sono innamorato degli espressionisti astratti, tipo Jackson Pollock. Mi piace sempre raccontare storie che non sono così diffuse, storie interessanti ma poco note. Voglio dire, tutti conoscono Pollock. Io voglio parlare di Clyfford Still, che è stato l’avanguardia di quel movimento ma è stato anche uno dei primi a staccarsene. Non voleva che diventasse un’opportunità commerciale. Si è chiamato fuori subito e ha sempre tenuto per se i suoi dipinti: non ne ha venduto neanche uno. Mentre gli altri volevano guadagnarci, lui era interessato solo all’arte fine a sé stessa. Nel suo testamento ha voluto che tutte le sue opere andassero a una galleria da aprire e intitolare a suo nome. Capirai bene che ci sono state offerte da tutto il mondo, e a vincere è stata una galleria di Denver. Tutto il suo lavoro è solo ed esclusivamente lì. Ecco, io partirei da quel posto per un nuovo progetto.

Hai totale libertà nelle scelte?
Ho molta libertà. Buona parte del mio lavoro è proporre idee e concetti, provare a raccontare la storia del marchio Levi’s attraverso storie inusuali. Non farei mai una collezione su James Dean, sarebbe troppo scontato.

Crediti video in cima: Got Soul Films

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