Nile Rodgers chiama la sua chitarra “The Hitmaker”, la sforna hit. È una Fender Stratocaster beige, tutta ammaccata, con cui Nile ha effettivamente sfornato alcune delle hit più colossali della storia: da Le Freak dei suoi Chic a Let’s Dance di Bowie. È stata costruita nel 1959, quando Mr. Rodgers aveva sette anni, eppure la differenza di età comincia a farsi sentire.
«Io sto accusando tutti questi aerei e jetlag», racconta al telefono il chitarrista degli Chic, manco a volerlo in coda per imbarcarsi su un aereo per Toronto. «Lei invece non si stanca mai». E pensare che qualche anno fa il musicista per un so o non ha perso proprio quell’inestimabile estensione delle proprie braccia. Era il 2013 e Nile stava viaggiando su uno dei miliardi di treni della sua New York. «Stavo parlando al telefono con un’amica», racconta. «Mi stava raccontando di essere guarita dal cancro come me, quindi la mia attenzione era completamente catturata dalle sue parole».
All’ultimo, Nile si è accorto di essere arrivato alla sua fermata, è sceso al volo e solo una volta arrivato a casa si è reso conto di aver dimenticato la “Hitmaker” sul vagone. C’è voluta qualche ora prima di riuscire a recuperarla intonsa al deposito treni. «Non sai che spavento. È stato come perdere un amico». Una sensazione terribile, che Nile purtroppo conosce bene. Nel 1996 ha perso Bernard Edwards, bassista e co-fondatore degli Chic, mentre negli ultimi anni se ne sono andati uno dopo l’altro Luther Vandross (che è stato una delle voci degli Chic), Prince e David Bowie. «Mi mancano tantissimo i miei ragazzi, ma la vita deve andare avanti. Dovevo continuare con la musica anche per loro».
Il suo cancro alla prostata, debellato ormai cinque anni fa, non ha cambiato il suo modo di vedere le cose, ma gli ha sicuramente dato un motivo in più per ridare al mondo un disco degli Chic. E così, dopo oltre 25 anni dall’ultimo, è arrivato It’s About Time. Un nome abbastanza ironico per un album che è stato rimandato così tante volte che ormai non ci credeva più nessuno. «È vero, doveva uscire tempo fa. Ma sai perché l’ho rimandato?», con da l’uomo dai lunghissimi dread. «Perché è dedicato a tutte le persone che mi hanno permesso di essere qui. Alcune di queste sono scomparse di recente e non volevo che la gente mi accusasse di lucrare sulla loro morte. Non posso permetterlo».
Invece, l’unica cosa che si può dire di It’s About Time è che riassume con una semplicità commovente quaranta e rotti anni di funk. Fra Soul Train, capelli cotonati, pantaloni a zampa e camicie sbottonate da sudare rigorosamente in pista. «E non dimenticare le discoball», ridacchia Nile Rodgers un attimo prima di esclamare un «Oh!». “Che succede?”, gli chiedo. «Stanno imbarcando l’aereo, ora devo proprio andare!».