Intervista a Nino D'Angelo: «Quando la gente è povera, gli artisti come me tornano a contare» | Rolling Stone Italia
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Nino D’Angelo: «Quando la gente è povera, gli artisti come me tornano a contare»

Una generazione allo sbando, la collaborazione con Livio Cori, la finta rivalità con Gigi D'Alessio, la definizione di "neomelodico" e l'opinione (ribadita) sui migranti: "Napoli ha porte aperte, non solo porti"

Nino D’Angelo: «Quando la gente è povera, gli artisti come me tornano a contare»

Nino D'Angelo e Livio Cori

«La canzone ha avuto due fasi di ispirazione: la prima è ricerca della speranza di una situazione di buio, rivolta a una persona che non ci dà via d’uscita. Poi, quando è uscito fuori il duetto con Nino, il brano ha assunto una valenza quasi del punto di vista di due generazioni. La sua che ha fallito e la mia che cerca di aggrapparsi». Parla Livio Cori, il rapper e attore napoletano che dopo brani come Tutta la notte cerca la consacrazione sul palco dell’Ariston. Lo fa con il brano Un’altra luce e la collaborazione di Nino D’angelo. Cori prosegue, ammettendo di essere un tipo «difficile sui featuring, soprattutto al giorno d’oggi, per non incollare artisti a dei brani. Ho chiamato Nino perché era la persona giusta per il mood di questa canzone. Nino non fa collaborazioni, costruisce i progetti intorno a quello che è il suo mondo. Quando ho espresso il desiderio di collaborare con lui, non mi aspettavo una risposta positiva. Abbiamo fatto una chiacchierata. Prima della musica, Nino voleva capire chi ero, in pieno. Ci siamo trovati molto simili, figli della stessa città, anche se in un periodo diverso. Poi ha ascoltato il pezzo, gli è piaciuto, ma non sapeva come approcciarsi. Era una cosa nuova per lui. Quando lo ha capito ci è entrato a gamba tesa e ha spaccato tutto. Non avevo dubbi, è un grande artista». Eh già, D’Angelo è anche un cantante che «sperimenta e continua a mettersi in gioco. E in questo brano ha cantato pure con l’autotune». La chiacchierata con Cori termina parlando del nuovo disco Montecalvario, che esce l’8 febbraio e sarà completamente in napoletano.  È un «mio ritorno a casa, visto che per girare Gomorra sono stato nel mio quartiere e mi è arrivata questa ondata. Poi porterò il disco un po’ in giro». Dopo il doveroso punto di vista con Livio, passiamo a Nino D’Angelo che torna a Sanremo (dopo 8 anni) per la sesta volta (la prima nel 1986 con Vai e l’ultima nel 2010 Jammo jà). Una nuova sfida del suo viaggio musicale. Ed è proprio da qui che partiamo.

Come stai affrontando questo Sanremo?

Come l’ho sempre affrontato, con l’impegno e la speranza che la preparazione fatta per questo evento piaccia al pubblico, alla gente. Spero, soprattutto, di fare bella figura. Lo dico per me e Livio. Vogliamo essere, per queste sere, l’orgoglio di Napoli.

Perché hai accettato questa collaborazione?

Un artista che non è più giovane, comm’ me, deve interessarsi ai giovani. Si cresce attraverso i giovani. Noi possiamo essere maestri di vita, ma i giovani sono maestri di quello che sta succedendo. Livio mi ha portato un brano bello, ma io pensàv’ ca nun me apparteness chesta museca.

E poi?

Livio mi ha convinto a farla e ho capito che, mettersi in discussione, come tante volte ho fatto, è bello. E poi Livio è un ragazzo di talento, un bravo ragazzo. Sono sicuro che faremo una bella figura: vado a Sanremo con un artista bravo e canto una canzone di due generazioni che si parlano, in un momento in cui le parole sembra non ci appartengano più.

E come ne escono, queste generazioni?

La mia è una generazione che ha fallito, quella di Livio è quella del futuro e chiede un po’ di luce perché davanti non vede niente: i giovani se ne vanno.

Dove ha fallito la tua generazione?

Che Italia è questa qua? Cosa gli abbiamo lasciato? C’è la disoccupazione, non li abbiamo preparati, non è avvenuto niente. I responsabili di tutto siamo noi. Siamo noi che abitiamo la Terra e l’Italia, siamo noi che dovevamo preparare il terreno per i nostri figli. Non lo abbiamo saputo fare, siamo stati leggeri.

Ma quindi com’è la tua generazione, Nino?

Una generazione che non ha pensato molto ai propri figli, ma non perché non li ama eh!

E perché?

È stata leggera ed egoista.

Ok, ma c’è una soluzione?

Bisogna rimboccarsi le maniche e aiutare questi giovani. I nostri figli hanno 30 anni e stanno ancora a casa con noi, per la disoccupazione che c’è. E sono ragazzi laureati, con titoli di studio. Tutti i sacrifici che hanno fatto non sono serviti a niente. Speriamo che l’Italia si riprenda. Dobbiamo regalare ai giovani la vera la libertà. Se uno sta a casa, senza lavoro e non sa che cazzo fare, che libertà è?

Be’ ora dovrebbe arrivare il reddito di cittadinanza.

Eh, ma quella è una cosa provvisoria, i nostri figli sono nati provvisori, allora? È brutto essere provvisori. Io sono fortunato, sono un artista e ho fatto successo, ma penso a tutta la povera gente che non si chiama Nino D’Angelo. Chi arriva giusto giusto a fine mese, come fa a mantenere i figli, anche grandi? Siamo un po’ rovinati.

Un po’ rovinati, già. Ma, invece, a te, ti hanno un po’ rivalutato.

Song nato rivalutat! Perdonami la battuta. Devo sempre lottare per farmi sentire, non sono nato con la strada spianata. Vengo dove la speranza è la ricchezza. Che è una cosa bella, ma di speranza non si vive. Io sono una mosca bianca, perché ero nato per non contare. E poi questa massa di gente povera e piena di problemi mi ha fatto avere grande successo. Perché più la gente è povera, più artisti come me c’hanno successo, hai capito?

E adesso?

Adesso devono esserci più poveri, perché sono tornato a galla forte. Le persone, nei miei testi, nelle mie canzoni, trova dei sentimenti che sono la medicina della vita.

Cioè?

Se non ti aggrappi a qualcosa, se non hai delle certezze, sopravvivi, ma non vivi mai. La vita è uguale per tutti, dovrebbe essere come la legge. Un “dovrebbe” grande grande.

Parliamo di musica, c’è chi ti definisce un neomelodico. Che ne pensi?

Ma i neomelodici, chi sono? Perché quando si parla di neomelodici si fa di tutta l’erba un fascio e allora uno cerca di scappare, da questa parola. I neomelodici chi sono? Nino D’Angelo, Gigi Finizio, Gigi D’Alessio? Io sono un cantante napoletano, che è stu neomelodico? Ma mica perché non voglio esserlo, io sono stato il primo neomelodico, ho cantato la madre di tutte le canzoni neomelodiche: ‘Nu jeans e ‘na maglietta.

Mitica!

È stata la canzone della mia vita e non potrei mai offendermi se dicono neomelodica. Però non capisco che cosa significa. Neomelodico vuol dire nuova melodia. E per me sono i 99 Posse, questi sono i neomelodici. Noi abbiamo continuato la scuola della canzone napoletana.

Quindi, dovendo fare un sunto?

Se si fa di tutta l’erba un fascio non sono neomelodico, se si specifica che cos’è, potrei anche esserlo.

Nino, Napoli è una città meravigliosa e piena di contrasti. Cosa rappresenta, per te, che sei una delle sue voci?

Napoli sono io, sono una pietra, le mie radici, che amo nel bene e nel male. Io song’ napulitano e vorrei rinascere – se si rinasce un’altra volta – napulitano. Ho conosciuto la povertà e, quando si cammina con la povertà in tasca, non ci vuole niente a essere felice, ti accontenti di poco e sei abituato a lottare sempre, perché purtroppo la vita è ingiusta. Ci sta chi sta meglio e chi sta peggio. Se nasci in un mondo dove si sta peggio pagherai di più, no? Poi lassa sta’ a me, che ho avuto successo. Però quanti ragazzi di talento, magari non hanno avuto la mia stessa fortuna?

Ma adesso come la vedi?

Napoli è importante, è cresciuta tantissimo e, anche se hanno cercato di mettergli un freno, la vedo piena di turisti. Io sono quasi sempre a Forcella, dove sono direttore del Teatro Trianon, nel cuore della città.

E cosa hai capito?

Napoli ha i problemi del mondo. Non dell’Italia, del mondo. Bisogna smetterla con i luoghi comuni su Napoli. Napoli è ‘na granda città, è ‘na metropoli bellissima. È la capitale del Sud ed è normale, essendo una capitale, avendo più abitanti, più ragazzi disoccupati, che sembra non ci sia lavoro solo lì. Nonostante i problemi io sono orgoglioso di essere napoletano.

Hai condotto il Dopofestival nel 1998, il festival lo condurresti?

Non sono conduttore, posso essere una spalla e divertirmi con un altro. Mi piacerebbe.

E se ti proponessero la direzione artistica?

La faccio già in teatro ed è dura. Fare il direttore artistico di Sanremo equivale a farsi tanti nemici. Quanti ne prendi in gara? 24? Ti fai 24 amici e tutti gli altri che si sono presentati saranno nemici. Non saprei se farlo, onestamente. Mi basta partecipare come cantante.

Dopo il grande successo del tour 6.0 fai uno show con Gigi D’Alessio il 21, 22 e 23 giugno all’Arena Flegrea.

È un evento di tre giorni a Napoli. Con Gigi, in passato, ci siamo parlati poco, sembrava ci fosse una rivalità. Poi ci siamo incontrati e siamo stati bene: alla fine siamo nati nella stessa Napoli. Siamo figli della città, parlando ci siamo divertiti. Ora siamo sempre insieme, ci divertiamo spesso e abbiamo deciso di fare questa cosa per la città. Ma non c’è niente ancora si possa pensare oltre a questo evento. Poi chi ‘u sape eh! Magari questa cosa porta fortuna.

Che mi dici della bagarre sulle dichiarazioni che hai rilasciato su Salvini e l’apertura dei porti?

Ho sempre detto quello che penso, ma non da adesso. Adesso mi pare diventata una moda che uno si sceta e deve dire qualcosa. Il mio pensiero è quello. Perché le persone devono pagara ‘sta pena ‘ncoppa ‘stu mare? Non ci posso pensare che 49 persone stanno ‘ncoppa a chella nave. Sono ancora di quella opinione.

Non potrebbe essere altrimenti, visto che sei napoletano…

A Napoli non abbiamo solo i porti aperti, ma anche le porte aperte. Napoli ha un cuore grande. Sta ai primi posti delle città che vogliono dare, pur non avendo.  

Ma adesso, Nino, come artista che messaggio vuoi trasmettere?

La passione, che aiuta a vivere meglio. Bisogna amare qualcosa, come io ho amato la musica. E poi è importante la cultura. Bisogna aprire i teatri. La gente, come me, ha bisogno della parola “cultura”. Dobbiamo dare il diritto alla cultura a tutti. Chiedo alle istituzioni più cultura, perché è basilare. Soprattutto nei vicoli dove ci sta ancora tanta tanta ignoranza.