Sanremo, chi doveva vincere e chi doveva giudicare chi doveva vincere. La Tav, se si deve fare e chi doveva giudicare se si deve fare. Bankitalia, chi deve sedere ai vertici e chi deve stabilirlo. Sono tre argomenti di cui nell’ultima settimana si è parlato più della situazione economica del nostro Paese: “armi di distrazione di massa” avrebbe detto in altri tempi qualcuno, che però ora pare un filo più indulgente nei confronti dei governanti.
E sì che non pare del tutto irrilevante il dato che è stato diffuso sei giorni fa dalla Commissione Europea, che ha tagliato la previsione di crescita del Pil italiano nell’anno in corso dal +1,2% delle previsioni autunnali a +0,2%. La revisione al ribasso è la più pesante di tutto il continente, in cui l’Italia si conferma fanalino di coda. C’è una tabella che lo dimostra, con tanto di bandierine dei Paesi e impietosi numerini: sui social negli scorsi giorni è circolata abbastanza, un po’ meno in ambito mainstream.
Cosa dice Bruxelles? Che tutta l’Eurozona rallenta rispetto ai calcoli di qualche mese fa, si passa dal +1,9% al +1,3%. In questo contesto c’è chi va male e chi va malissimo, cioè noi. Eppure il dibattito altrove è molto più feroce che qua, come in Germania, dove il ribassamento all’1% delle stime di crescita è stato visto come una specie di apocalisse. Persino in Spagna, dove la crescita è fissata al 2,1% e il vento è in poppa ormai da tempo, parecchi hanno storto il naso. Sui vari giornali internazionali, inevitabilmente, una parte cospicua dei commenti sulla situazione economica è dedicata alle faccende italiane, sullo sfondo il terrore di un contagio che parta proprio dallo Stivale.
La Commissione ha spiegato come siamo arrivati a questo punto. Se in passato i dati non esaltanti erano legati soprattutto alla contingenza mondiale e continentale, ora il taglio della stima del Pil è dovuto “a una domanda interna pigra, in particolare sugli investimenti, all’incertezza legata alla policy del Governo e l’aumento dei costi di finanziamento”. “L’Italia ha bisogno di riforme strutturali profonde e un’azione decisa per ridurre il debito pubblico elevato. Politiche responsabili che sostengano stabilità, fiducia e investimenti”, le parole del vicepresidente Valdis Dombrovskis.
Tutto quello che manca nella “Manovra del Popolo”TM, un provvedimento in cui le misure di crescita sono pari a zero. Ma noi dal 1999 continuiamo a fare registrare ogni anno un tasso di crescita di un punto inferiore rispetto agli altri Paesi dell’area euro, e il tempo a nostra disposizione per guarire da mali atavici comincia a stringere. La redistribuzione delle risorse – questo, di fatto, sono il cosiddetto Reddito di cittadinanza e Quota 100 – è qualcosa di sacrosanto, chiariamoci. Ma se la fetta di torta rimane sempre troppo piccola o addirittura va a restringersi – “recessione è una bruttissima parola -, in breve tempo risulteranno inutili. O meglio, sveleranno il loro vero volto, a cui l’avanspettacolo del ministro Di Maio ha provato a dare una mano di cerone colante. Mosse elettorali di un governo in campagna elettorale permanente, che ricorda i bei tempi del Craxi-Andreotti-
Ieri sera in televisione Enrico Letta ha mostrato la classifica in cui primeggiamo al contrario e ha detto che a breve quelli smetteranno di essere numeri e inizieranno a essere problemi concreti per persone in carne e ossa. Il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha parlato apertamente di necessità di riforme, per evitare un ristagno e il coinvolgimento dell’intero sistema produttivo. Tanti hanno scritto e detto cose simili in queste ore, tanto che si ricomincia a parlare di patrimoniale (ma non era il cavallo di battaglia di Bertinotti?) e lo spettro dell’aumento dell’Iva vola sempre più basso sulle nostre teste.
Insomma noi ve lo stiamo dicendo, la situazione è davvero grave. Ma non come sempre per l’Italia, questa volta parecchio di più. Adesso ci sentiamo meglio con la coscienza, e possiamo tornare a dedicarci al dibattito sui messaggi esoterici al Festival di Sanremo (che in teoria sarebbe finito da quattro giorni). #Satana è in trending topic da questa mattina su Twitter, e in effetti fa meno paura di #Recessione.