Per quasi vent’anni (dal 2000 al 2018) al Grand Canyon, i turisti e i dipendenti sono stati esposti a radiazioni, secondo quanto riporta AZCentral. Nell’edificio del museo del Parco Nazionale sono stati custoditi (non si sa bene per quale motivo) tre secchi di vernice pieni di uranio, per un totale di circa 57 litri di materiale radioattivo.
L’anno scorso sono stati scoperti per caso da un ragazzino appassionato di tecnologie, che ha portato il suo contatore Geiger all’interno del museo e ha notato un picco di radiazioni nell’ala del museo dedicata alla tassidermia.
Soltanto lo scorso 4 febbraio, il responsabile della sicurezza del museo, Elston Stephenson, ha inviato una mail ai dipendenti, in cui avvisava della possibile esposizione all’uranio e della volontà della dirigenza del parco di scoprire chi e perché avesse raccolto il materiale proprio nell’ala del museo.
A quanto pare, secondo quanto dichiara Stephenson, la dirigenza del parco non ha mai voluto informare né il pubblico né i dipendenti prima di oggi.
Sempre Stephenson afferma che il livello di radiazioni a cui sono stati esposti i visitatori è 400 volte superiore il livello consentito dalla legge per gli adulti e 4000 per i bambini.
Attualmente i secchi sono stati rimossi, quindi non c’è più alcun pericolo per il pubblico.