Dimenticatevi i live caciaroni, le bire sul palco e gli abusi di autotune dei tempi che furono al fianco dell’ormai ex sodale Franco 126; Carl Brave è ufficialmente sbarcato a teatro, con la prima data del tour archiviata ieri sera all’Arcimboldi di Milano – si replica il 6 al Colosseo di Torino, già sold out come il resto degli appuntamenti. Sul palco con lui nove ottimi musicisti, una scenografia che riprende l’estetica di Notti Brave – tra uno skyline in scena e la luna proiettata sullo sfondo – e una platea che rispecchia appieno la transizione definitiva da fenomeno hipster a figura ambigua, in bilico tra il performer navigato e il teen idol gigioneggiante.
Sono due, infatti, le chiavi per leggere il nuovo volto di Carl Brave dal vivo. Da una parte una dimestichezza inaspettata con la band e la propria voce, lasciata quasi del tutto libera, con l’autotune che sporca appena certe frequenze – sfumatura comunque necessaria per chi, dell’effetto, ha fatto il proprio marchio di fabbrica. Con questo convive poi una nube dolciastra e iperglicemica, un universo post Tre Metri Sopra il Cielo che rivive, in versione aggiornata, negli occhi a stories con cui il 90% del pubblico pagante guardava il cantante.
Fin dalla prima nota di Pub Crawl, brano con cui parte il concerto, inizia infatti un sing along giovanissimo e quasi esclusivamente femminile, diapason dell’intera serata, per un’orda di frequenze alte e pre-universitarie – incubo in terra per l’orecchio machista di un Francesco Renga – che si incolla alle rime di Carl Brave quasi che le indiavolate sedute nelle prime file riuscissero, con la voce, a strappargli la ormai leggendaria camicia sbottonatissima, mai così ferormonale.
I numeri macinati con i singoli estivi si sentono tutti, l’effetto Sarabanda da “la indovino con una” è subito protagonista, tanto che il batterista non fa neanche in tempo a contare 4 che già il pubblico ha indovinato la prossima canzone in scaletta, talvolta anticipando lo stesso Coraggio che, da parte sua, interpreta perfettamente il ruolo.
Infatti, al di là dell’ovvio physique du rôle , lignaggio genetico cui ha contribuito il passato cestistico del rapper, Carl Brave tiene il concerto perfettamente, non fermandosi praticamente mai, senza sbavare nemmeno sugli escamotage con cui riesce ad ovviare la mancata presenza degli ospiti che hanno costellato Notti Brave e Notti Brave (After) – su tutte Fotografia e Camel Blue, per l’occasione latineggiate e riarrangiate, rispettivamente senza Francesca Michielin e Giorgio Poi. I brani scorrono senza sosta, uno dopo l’altro fino al medley, in cui succede l’inevitabile.
Un contingente teen, spavaldo davanti agli impotenti steward, decide che la poltrona assegnata è una costrizione che non merita, conquistando a passi di danza il corridoio davanti alla prima fila. L’infilata Polaroid, Alla tua, Sempre in due, Tararì Tararà, Noccioline, Pellaria fa il resto, trasformando l’Arcimboldi in un palazzetto festaiolo, trascinando nella serata magggica anche i padri e i fidanzati in sala, inizialmente intimiditi dalla tempesta di estrogeni, ormai indomabile.
Il concerto si chiude con una gigantesca foto di gruppo – una polaroid, ovviamente – e Malibu, suonata che più in levare non si può. Il live, preparato dai musicisti sul palco e dalla produzione dietro le quinte come meglio non si poteva, diventa quindi un tripudio dell’immaginario dinoccolato di Carl Brave, tra sognanti sigarette all’alba e i drink di troppo per la spunta blu senza risposta, con il risultato che supera di gran lunga anche le più rosee aspettative. Chapeau!
La scaletta:
Pub Crawl
Chapeau
Comunque
Professorè
Fotografia
Spunte Blu
Ridere di Noi
Camel Blues
Pianto Noisy
Vita
Noi
Polaroid
Medley: Alla Tua, Sempre in 2, Tararì Tararà, Noccioline
Accuccia
Termini
Mezzo CocktaiL
Merci
Posso
Malibu