«Tutte le canzoni dell’EP sono nate nel nostro piccolo studio in un seminterrato a Milano, lo abbiamo chiamato The Cave» spiega Leo Einaudi, suggerendo quindi che il nome della sua nuova band e quello dell’omonimo EP di debutto Caveleon (qui sotto in anteprima) sono il semplice risultato di una fusione: Cave e Leon(ardo).
E invece no, il nome deriva da ben altro. «Nasce dall’unione di un luogo, “The Cave” e “Leon” il nome d’arte che Leo aveva scelto per il suo progetto da solista che poi è sfociato in questa collaborazione. Il nome Caveleon si ispira anche a Chameleon, ci piace pensare che la nostra musica sia in continua evoluzione e prenda diverse forme dai background musicali che ognuno di noi ha.»
«È stato come aprire una grande porta e ritrovarsi in un luogo familiare ma allo stesso tempo inesplorato, in cui tutto ti sorprende e prende una nuova forma in modo molto naturale. Veniamo tutti da background musicali molto diversi. Questo ci ha permesso di avere grande libertà nella scrittura, amiamo i dettagli e i contrasti e ci piace pensare che grazie a questo Caveleon sia un progetto in continua evoluzione, che si arricchisce giorno dopo giorno delle influenze che ciascuno di noi porta con sé.»
Oltre al cantante e polistrumentista, figlio d’arte del pianista, i Caveleon si compongono della cantautrice Giulia Vallisari, lo smanettone elettronico Federico Cerati e il batterista Agostino Ghetti. Da questa unione fra dimensione cantautorale e onde a dente di sega non poteva che derivare un suono ibrido, fra il dream pop e l’indie, fra il post-rock e l’elettronica. Per fortuna, come si vede dalla foto in cima, il fisico dei ragazzi non ha risentito di tutti quei mesi passati lontano dal sole, in una caverna.
A un anno dalla pubblicazione del primo singolo, Late Night, i Caveleon escono con l’omonimo EP di debutto per Futurissima, il 3 maggio. Il release party sarà invece all’Ohibò il 9 maggio.