Una regola non scritta afferma che le tastiere da videogame servono a giocare. E fin qui, niente da eccepire.
La medesima regola, però, sostiene pure che oltre a giocare ci puoi fare poco. Vale a dire che, per scrivere, queste favolose tastiere fanno un po’ schifo. Affrontare un argomento così spinoso e personale, come la scelta di una tastiera per scrivere O, e sottolineo O, per giocare, equivale a chiedere in giro se sia più forte la Juventus o l’Inter, se sia meglio il cioccolato al latte o quello fondente, se sia meglio una miscela arabica-robusta o arabica al 100%: è impossibile mettere tutti d’accordo. Figuriamoci se si tratta di stabilire quale sia la tastiera perfetta per fare entrambe le cose.
Oltre gli Cherry MX
Posto che quando si parla di tastiere con la T maiuscola si intendono quelle meccaniche, il problema della scelta è stato in parte mitigato con l’introduzione deli switch, vale a dire i meccanismi che, di fatto, sanciscono il tipo di pressione che agisce su ogni tasto. Vuoi una pressione lineare, leggera e silenziosa? Cherry MX Red. Vuoi, invece, un po’ di resistenza, ma sempre senza sentire alcun clic? Cherry MX Black. E via così. A oggi, per chi gioca, la soluzione migliore è rappresentata proprio dagli switch Brown: la risposta non è lineare, ci vuole un po’ di pressione per abbassare il tasto, e non si sente alcun clic. E già qui, qualche lettore starà sbuffando mentre afferma che stiamo dicendo una stronzata e lui preferisce in assoluto i modelli, black, o red, o blue o a pois (non esiste). Ovvio, ognuno ha i suoi gusti, si diceva.
Qualche produttore si è dissociato dall’utilizzo degli Cherry MX, inventandosi i propri switch e promettendo prestazioni meravigliose con i videogame, oppure la scrittura, o con entrambi. Ma a oggi, per quanti modelli di tastiere siano stati commercializzati, non ne esiste uno che metta d’accordo tutto il pubblico.
Il segreto? Il sensore ottico
Ora, succede che Razer, uno dei più noti e apprezzati marchi al mondo quando si parla di periferiche da gioco, decide di inventarsi, pure lei, la tastiera perfetta. Va chiarito, innanzitutto, che a Razer non sono degli sprovveduti. Sono sul mercato dal 2005, da allora gli affari crescono senza soluzione di continuità, investono moltissimo in marketing e in ricerca. Le carte in regola per provarci ci sono e Huntsman, la loro nuova tastiera, se la vuole giocare fino in fondo.
Ok, è una tastiera, su questo non c’è molto da dire: la usi per digitare. Il sorrisino compiaciuto, di chi legge, ora si starà chiedendo se queste digitazioni è meglio riservarle a un match a Fortnite, o a scrivere pagine di un futuro best-seller che nessuno leggerà mai. Calma, ci arriviamo. La soluzione adottata è l’utilizzo di uno switch opto-meccanico. In soldoni, c’è il classico sistema meccanica e c’è pure un sensore ottico. Di fatto, quando si decide di premere “A”, il comando non viene inviato grazie alla pressione in sé, ma tramite il sensore. In pratica, il pulsante pensa a offrire una resistenza naturale, il sensore a stabilire il momento in cui quella “A” abbandona i nostri pensieri per diventare un mucchietto di pixel su schermo. Quella che può sembrare una soluzione fighetta e votata al puro marketing, si rivela invece una scelta indovinata, perché unisce il meglio del mondo analogico al meglio di quello digitale. Velocità di risposta, precisione, ma anche leggerezza e robustezza. In più, per i più esigenti all’ascolto, una caratteristica di Huntsman che abbiamo molto apprezzato è la presenza di una “barra stabilizzatrice”. Quando si preme un pulsante, questo, a seconda del punto di pressione, spesso e volentieri “balla” quasi impercettibilmente. Quel “quasi”, per chi usa molto una tastiera, diventa un disturbo insopportabile. Ecco, la barretta, presente in ogni tasto, stabilizza la pressione in ogni suo punto.
A questa opulenta dotazione tecnologica, Huntsman aggiunge altre caratteristiche da veri intenditori, come il rollover a 10 tasti, che consente di premere fino a 10 pulsanti contemporaneamente, e la possibilità di memorizzare combinazioni di tasti nel cloud o nella memoria interna della periferica. Aggiungiamoci un sistema di illuminazione degno di un video dei Chemical Brothers, e la ricetta della tastiera da gioco perfetta è servita. Da gioco? Un momento: com’è, la Huntsman, per scrivere?
Come se la cava nella scrittura?
Come nel miglior finale della vostra serie preferita, arriva il colpo di scena: è impressionante. La regola non scritta di cui si parlava poco fa, aggiunge che, se proprio devi scegliere un modello “da gaming” per scrivere, tanto vale optare lo Cherry MX Blue: alta resistenza alla pressione, risposta non lineare e un bel clic, che si sente forte, a sancire l’avventura pressione. Non è un caso che gli switch di Huntsman siano… di colore blu. In effetti ricordano molto i classici MX Blue, ma ne migliorano le prestazioni. La forza di attuazione passa da 60 a 45 grammi, il clic è un po’ più silenzioso (ma si sente, eh, intendiamoci) e il punto di attuazione passa da 2,2 a 1,5 mm grazie al sensore ottico. Insomma, una sorta di MX Blue più versatile, che rappresenta, finalmente, lo switch adatto sia per il gaming che per la scrittura. E a fronte di questa piccola, ma grande, innovazione, tutte le altre caratteristiche, per quanto apprezzabili, passano in secondo piano. Se cercate una tastiera di alta qualità (costa 159,99 euro ma li vale tutti), utilizzabile in un po’ tutti gli ambiti, l’avete trovata.