Maurits Cornelis Escher. Chi non ha mai sentito il suo nome? Chi non conosce le sue opere? Le sue scale, le sue cascate, i suoi palazzi. Disegni caratterizzati da soluzioni prospettiche che generano costruzioni impossibili nella realtà. Oppure le sue metamorfosi, con oggetti e animali che centimetro dopo centimetro cambiano forma fino a trasformarsi in qualcosa di completamente diverso per poi tornare nella loro forma originale. Lavori che, oltre ad attirare l’interesse di leggende della musica (nel 1969 Mick Jagger scrisse a Escher per proporgli di creare la copertina di Let It Bleed, ricevendo in cambio un secco rifiuto), sono entrati a far parte della cultura popolare grazie a puzzle, poster, tazze, cartoline e gadget di ogni genere. E poi ci sono i videogiochi, diversi, che ne riprendono le atmosfere e le idee. Ecco i nostri preferiti.
Echochrome
Echochrome è uno dei titoli che riesce a catturare appieno l’essenza del lavoro di Escher sulla prospettiva. È un puzzle game di qualità, accattivante nella sua estrema semplicità. L’obiettivo del gioco, guidare un manichino al recupero delle sue “ombre” sparse in ogni livello, è tanto elementare da poter sembrare addirittura banale, ma sono sufficienti pochi minuti per accorgersi che la situazione è più complicata di quanto sembri. Ogni ambientazione presenta infatti aperture, scalinate e percorsi che, pur mantenendo immutata la propria forma, risultano essere collegati o scollegati tra loro a seconda del punto di vista. Piattaforme all’apparenza distanti tra loro possono trasformarsi in un passaggio semplicemente con un semplice movimento dell’inquadratura, in una sfida che costringe il giocatore a rivalutare secondo dopo secondo le proprie conoscenze a livello geometrico e prospettico. Il tutto in un mondo in cui l’estetica escherina viene spogliata di qualunque soluzione cromatica, ridotta a una sequenza di semplici linee rette. Più ricco di colori e basato sul concetto di luci e ombre (gestibili tramite il controller Move) il seguito, Echochrome 2, che si mantiene sugli stessi (elevatissimi) standard qualitativi. Peccato che siano disponibili solo su PS3 e PSP, quindi difficilmente utilizzabili dai giocatori “moderni”.
Echochrome trasporta i concetti delle opere di Escher in mondi dal look semplice e lineare.
Monument Valley
Siete intrigati da Echochrome, ma non possedete una PS3 o una PSP? Non dovete preoccuparvi, esiste una soluzione a portata di mano. Una soluzione tascabile, che potrete avere sempre con voi. In treno, in metropolitana, al mare o in montagna. Si tratta di Monument Valley, titolo di Ustwo Games disponibile in diversi formati mobile (iOS, Android, Windows Phone). L’idea di base è molto simile (in questo caso, una principessa deve raggiungere l’uscita di una serie di labirinti), con alcune differenze che riguardano il sistema di controllo e le opzioni a disposizione. Il risultato è ugualmente eccellente, ed è reso ancora più convincente da un comparto grafico a dir poco accattivante. Da vedere Monument Valley è una figata assoluta, con architetture semplici e “pulite”, che ripropongono alcune delle aberrazioni prospettiche e delle costruzioni impossibili che popolano le opere di Escher. Il tutto è reso ancora più accattivante dalla scelta di una palette di colori particolarmente delicata, con tinte che valorizzano ulteriormente l’ambiente. Una bellezza da vedere e da fotografare, grazie al “Camera Mode” che permette di muoversi liberamente in cerca dello scatto perfetto. Un titolo consigliato a tutti, così come l’ottimo seguito, disponibile da un paio di anni per iOS e Android.
The Bridge
“It is Isaac Newton meets M. C. Escher.” Isaac Newton incontra M. C. Escher. Questa la sintetica descrizione di The Bridge da parte dei suoi sviluppatori. Poche parole, che colpiscono in pieno il centro del bersaglio. Le leggi base della fisica che tutti abbiamo studiato a scuola si incrociano ad ambientazioni che propongono soluzioni prospettiche che all’apparenza non lasciano via di fuga. In questo susseguirsi di costruzioni improbabili, per non dire impossibili, si muove un personaggio che nelle fattezze assomiglia non poco a un giovane Escher che, come i suoi “colleghi” di Echochrome e di Monument Valley, è alla disperata ricerca di una via d’uscita. Un susseguirsi di livelli che, nella migliore tradizione dei puzzle game, offrono sfide sempre più complicate in cui la velocità dei movimenti deve andare pari passo con quella della mente. Con un gradevolissimo plus. La grafica. Giocando a The Bridge si ha infatti davvero la sensazione di trovarsi all’interno di un’opera di Escher, in mondi che si sviluppano tra toni di grigio tipici delle sue incisioni. Un omaggio al lavoro dell’artista olandese, disponibile per un’infinità di formati: PC, Xbox, iOS, Android, Xbox One, PlayStation 3, PlayStation 4, PlayStation Vita, Wii U, Nintendo Switch e addirittura la semisconosciuto Ouya.
Fragment Of Euclid
Entrare nel mondo di Fragment Of Euclid è una vera e propria esperienza. Come mai? Semplice, perché si passa dal ruolo di osservatori esterni a quello di protagonisti al centro dell’azione. La scelta di adottare una visuale in prima persona permette infatti di immergersi come non mai all’interno di ambientazioni che, come stile grafico e caratteristiche delle costruzioni, replicano in maniera quasi perfetta le opere di Escher. Un susseguirsi di scalinate, porte e archi che costituiscono il teatro di un puzzle game breve (una quarantina di minuti circa) ma ben congegnato, divertente e intelligente. Un lavoro impressionante, se consideriamo che il team che si è occupato dello sviluppo è composto da una sola persona, di nome Antoine Zanuttini. Il gioco, disponibile solo in formato PC, può essere scaricato gratuitamente dalla pagina web, quindi non esistono motivazioni valide per non provarlo. Giocando a Fragment Of Euclid ci viene in mente un’unica cosa: quanto sarebbe figo poterlo provare con un visore VR?
Antichamber
Come Fragment Of Euclid anche Antichamber utilizza una inquadratura in prima persona, optando però per soluzioni stilistiche che si discostano dalla produzione di Escher e preferendo un impianto visivo minimalista, caratterizzato da ambientazioni incentrate su semplici costruzioni geometriche. Il colpo d’occhio è comunque ottimo, anche grazie alla presenza di colori sgargianti che spezzano la linearità del bianco e nero. La struttura di gioco presenta tipici elementi dei puzzle game, inserendoli in un contesto in cui bisogna partire da una semplice base: non tutto (anzi, a dire il vero quasi nulla) è quello che sembra. Tra spazi che cambiano di configurazione con un semplice sguardo, corridoi all’apparenza infiniti e stanze in cui termini quali ingresso e uscita hanno un significato relativo bisogna abbandonare qualunque certezza logica e dedicarsi alla sperimentazione. Un’avventura che sarebbe sicuramente piaciuta a Escher, e che riesce a catturare alla perfezione lo spirito delle sue opere.